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Ma è soprattutto nell'attività giornalistica del 1931 e coi discorsi pronunciati negli ultimi mesi dell'anno che Arnaldo attinge il meriggio della sua completa autonomia e potenza intellettuale e spirituale. Nessuno, nemmeno il più sciocco o il più malvagio degli avversari, crede ancora nella storiella di Arnaldo — semplice interprete, volgarizzatore — megafono del Duce. Arnaldo è ormai qualcuno. È lui. È inconfondibile. Lo studio e l'esperienza lo hanno fatto. Il dolore lo ha fortificato ed elevato, inducendolo a più alti, più umani pensieri. Nel discorso di Varese del novembre, ma soprattutto in quello del dicembre, pronunciato alla Scuola di Mistica Fascista di Milano, Arnaldo conquista la intelligenza e la sensibilità della folla che lo ascolta. Egli dà l'impressione di un uomo che, avendo molto vissuto e molto sofferto, può dire — con pacata coscienza — le parole educatrici ed incitatrici per le nuove generazioni. Sono parole come le seguenti che meriterebbero di essere scolpite nelle aule delle scuole, nelle palestre, nelle sedi del Partito: |