Nell'ottobre del 1926 cominciò l'anno francescano. Io andai a Perugia a tenervi la conferenza o lezione su «Roma antica sul mare», lezione che gli piacque moltissimo e me lo fece telegraficamente sapere e, poi, la seguente lettera:
«In seguito agli articoli che ho avuto occasione di scrivere così ad orecchio sulla questione romana, c'è stato Padre Tacchi Venturi che ha mostrato il desiderio di incontrarsi con me quando andrà a Roma. Prevedo che non vorrà parlare della pioggia o del bel tempo, ma che mi vorrà intrattenere sulla materia dei rapporti fra Chiesa e Stato. È inutile dirti che in tale materia sono molto riservato, ma prima di andare a questo colloquio, che può anche essere un atto di pura e semplice cortesia, desidero essere autorizzato da te».
Di lì a poco mi trasmetteva copia di una lettera molto severa, mandata da lui al Segretario federale milanese dell'epoca, per richiamarlo a una maggiore vigilanza e senso di responsabilità.
Verso la fine di ottobre del 1926 si parlava di dargli una carica nella organizzazione giornalistica, ma Arnaldo così mi scriveva:
«Carissimo Benito, so che in questi giorni dovrai nominare il Consiglio d'Amministrazione della Cassa di Previdenza dei Giornalisti. So pure che molti giornalisti e credo lo stesso Ministero della Educazione Nazionale hanno suggerito il mio nome. Per un complesso di ragioni non desidero questa nomina. Forse è inutile, tuttavia ti prego di cancellare il mio nome dalla rosa dei candidati, lo ho molti lavori e molti pensieri e non sarei certamente un buon presidente. Ti mando infine due fotografie che ti ricorderanno il primo soggiorno a Cividale quando eri ammalato di febbre tifoidea. Se ricordi, ti venni a trovare insieme a Rachele e all'Edda. Nella fotografia rivedo Corrado Gabrici, il vecchio amico interventista di Cividale, che purtroppo morì a Roma profugo, senza poter vedere la liberazione della sua terra».
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