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Ma un altro motivo, più personale, mi sospinge. In questo nostro delicato colloquio, si rivela anche una mia confessione a te, che mi sei spiritualmente vicino. Io ho portato il peso della tua tragedia per due anni; ho sofferto in silenzio. Non ho potuto dirti tutto quello che sentivo; ho dovuto nasconderti una parte del mio animo, per non rivelare a te, a tua Madre, la terribile condanna; e qualche volta, ai tuoi occhi, sarò sembrato un padre egoista. Attraverso le mie attenzioni, negli stessi consigli che ti davo, ho potuto forse diventare noioso, pedante. Non era per me: io soffrivo e cercavo di vincere in silenzio, con l'abilità degli scienziati e con il nostro amore, il male inesorabile che insidiava la tua nobile esistenza.
Giornata triste di nebbia. Rivedo, in ogni particolare, tutto quello che avvenne: furono ore che non dimenticherò mai più. Al Popolo d'Italia si celebrava il quindicesimo anniversario della fondazione del giornale; ma l'orgoglio di quei quindici anni di battaglie generose e di vittorie mi era offuscato da una grave preoccupazione: proprio in quel pomeriggio avevo preso appuntamento con il prof. Cesa Bianchi per farti visitare. |