Arnaldo Mussolini
Vita di Sandro


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     Il 2 agosto 1930, una telefonata urgente, da Cesenatico, mi richiamava alla triste realtà. (Mi ero illuso, te lo confesso. Avevo voluto passare con te qualche giorno, al mare, e ti avevo veduto contento, pieno di vita... Ora, al mio consueto lavoro ero ritornato senza preoccupazioni...). Ma al telefono la Mamma, con viva emozione, mi avvertiva che eri a letto, da due o tre giorni, con un po' di febbre. Era necessario che io ti raggiungessi col medico curante, prof. Ferrata.
     Ti avevo lasciato sei giorni prima, di aspetto fiorente, pieno di saldi propositi e di speranze per l'avvenire. Ricordavo (ed ora, mentre ti parlo, rivedo tutta la scena) un episodio di poche sere prima. Il 26 luglio ero andato a fare da solo una gita in una barca a vela, spingendomi molto al largo. Ad un tratto, con viva sorpresa, mi avvidi che tu mi avevi raggiunto, a molti chilometri dalla spiaggia, su di un fragile sandolino. Volevo che tu salissi sulla barca a vela. Il tramonto era dolce e sereno. Tu non credesti di aderire al mio invito, poiché non sapevi a chi avresti lasciato il sandolino. E mi dicesti:
     «Non faccio nessuna fatica. Sono nella tua scia. Mi sembra di essere riassorbito dal corso della barca a vela». Giungemmo a casa.
     Il giorno dopo ero ripartito per Milano. Ero tranquillo. Invece, ora, la telefonata della Mamma mi metteva il cuore in sussulto.
     Trovai il prof. Ferrata, e con lui e il dott. Oriani, tuo e nostro medico di famiglia, venimmo d'urgenza a Cesenatico. Non so perché, fin da quel giorno cominciò per me a disegnarsi l'ombra cupa della tragedia. Volevo allontanare dal mio spirito questo pensiero. Cercavo mille pretesti per non mettere in relazione il tuo malessere con la tua malattia fondamentale, la leucemia. Il prof. Ferrata, ai miei interrogativi angosciosi, rispondeva con prudenza. Il suo giudizio era riservato. Vedevo tuttavia sul suo volto una evidente inquietudine.