Arnaldo Mussolini
Vita di Sandro


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     Ad un tratto, mi avvidi che cercavi qualche cosa. Non potevi esprimerti; era impossibile comprenderti. Seguivo ogni tuo movimento; anche impercettibile; indovinai che avevi sete, che avevi bisogno di calmare l'arsura del respiro affannoso. Il polso prese un'andatura violenta. L'occhio era bello e luminoso. Il prof. Ferrata misurava i battiti del tuo cuore. Egli era vicino a me: comprendeva la mia disperazione impotente e cercava con uno sguardo, con una parola, di darmi coraggio. Egli pure soffriva la sua tragedia, per l'impossibilità in cui si trovava la scienza di salvare la tua esistenza. Venti minuti prima che tu spirassi, per prepararmi alla fine, mi susurrò: «Ha perduto il cuore. Ora vive una vita riflessa». Dissi forte: «Aprite le finestre. Ch'egli veda ancora il sole». Tu comprendesti la mia invocazione. Il tramonto luminoso colpiva per l'ultima volta la tua immaginazione. Con lo sguardo mi ringraziasti.
     Poi, a poco a poco, lentamente, il tuo respiro si fece più calmo, più lontano, più rado, e alle 19,25, con la serenità di un Angelo, esalasti l'ultimo anelito, l'ultimo movimento della vita sensibile. Quindi ti colse l'immobilità tragica della morte. Rivedo ora la bellezza del tuo viso ricomposto, in una serenità pacata, in cui ancora sembrava diffondersi la grande pace dell'anima liberata in Dio.
     Noi quattro superstiti, piangenti, disperati, abbiamo invocato il tuo nome, perché ci desse la forza ancora di vivere.
     Non ti dirò nulla, Sandrino, di quanto accadde poi. Tu hai veduto tutto dal regno dello Spirito; conosci e rammenti le manifestazioni imponenti di cordoglio che seguirono la tua morte, l'arrivo dello zio Benito, di tutti i parenti, degli amici, delle personalità accorse da ogni parte. Composto nella bara, con la tua camicia nera, sembravi un Angelo.