E più oltre, sempre parlando del Bonaparte, scrivevi: «L'ozio e il ricordare dovevano infatti essere i peggiori nemici dell'esiliato «in sì breve sponda». Intollerabile l'ozio per lui, che aveva trascorso la vita in una febbrile attività; intollerabile il ricordo di tanta potenza, annullata in un attimo; intollerabile il ricordo degli amici e della Patria immemori. Questo terribile strazio, il Poeta immagina che Iddio venga ad alleviare, trasportando l'anima dell'Imperatore dove tutte le passioni umane sono morte, ed è ignota e dimenticata ogni altra gloria che non sia quella divina».
Quando tu scrivevi queste parole, ti rimaneva appena un mese di vita. Mi parve di vedere, in queste righe, qualche cosa di predestinato. Nella visione di quella grandezza e di quei tormenti, più alto di tutto, ti appariva il segno dell'infinita misericordia di Dio. Tu sentivi in anticipo l'alto senso spirituale, la forza senza limiti della divinità. Una realtà sovrumana, dal regno lontano delle ombre, si accostava a te: già allora, tu non eri tutto di questa terra.
Prendendo il tuo diploma e ricevendo in consegna il tuo componimento di italiano, mi sovvenni dei genitori che nel dopoguerra si recavano nei Municipi a ricevere le medaglie, ricordo dei figli caduti. Altre anime hanno sofferto forse più di me; né a te fu concesso, come ad altri, l'alone della gloria: ma a te, Sandro, rimane il serto del sacrificio, sopportato da stoico e da grande. Tra tante anime sofferenti, io non sono la prima e non sono l'ultima.
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