Arnaldo Mussolini
Vita di Sandro


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     Ho avuto, Sandrino, momenti di crudele disperazione. Non potevo adattarmi all'idea di non rivederti più: mi sentivo preso, pensando a questo, da un'angoscia tremenda. Poi mi pentivo di tale incertezza che per i credenti costituisce un peccato: la morte non è una vera fine. Una vita più alta è serbata a chi ha saputo essere buono e puro nella breve esistenza terrena.
     Per questo, mi è sembrato giusto e vero quello che mi hanno scritto, più d'una volta, conoscenti ed ignoti, che nelle loro lettere mi parlavano di te come di un intercessore miracoloso. Giusto e vero. Anche a me, una volta, hai voluto inviare il tuo conforto.
     Era una mattina di dicembre; il freddo e la nebbia di Milano mi gelavano l'anima. Mi sembrava che tutto fosse notte, non sapevo calmare la mia angoscia. In tanto squallore, invocai un segno certo della tua vita spirituale, una indicazione che venisse a placare quella angoscia disperata o a darmi la certezza di rivederti ancora nella vita d'oltre terra. Piansi quella mattina un pianto disperato. Mi ricomposi infine per riprendere, nel tardo mattino, il contatto con la vita di lavoro. Trovai al giornale una infinità di posta: lettere, riviste, e infine un piccolo pacco di libri raccomandati, che mi veniva spedito da Bologna, da persona che non conoscevo. Diedi tutta la posta al mio segretario Rapetti, dicendogli di vedere la corrispondenza per riferirmi poi alla sera. Tenni per me il pacco dei libri raccomandati; tu sai, Sandro, che talora faccio così: i libri mi hanno sempre più interessato delle lettere.