Si distinguono, così, due modelli. Il primo stabilisce che le scoperte nella scienza di base conducono a sviluppi tecnologici industriali che si tramutano in un flusso di nuovi processi e prodotti (modello technology push). Il secondo rovescia la relazione di causalità ponendo l’accento sui fattori della domanda come “traino” per l’innovazione (demand pull).
Negli anni 70 iniziò a svilupparsi una visione alternativa del processo in questione che coinvolge sia scienza che tecnologia che mercato evidenziando l’importanza del collegamento tra il momento della creazione dell’innovazione (ricerca di base) e quella del mercato (momento di utilizzo).
Di notevole interesse risultano anche le teorie che vedono l’innovazione nascere da processi di apprendimento di nuove conoscenze, come quelli che si realizzano nel corso delle attività di produzione di beni (learning dy doing) e di utilizzo dei beni capitali. (learning by using).
3.1 Il modello technology push
Negli anni 50 si pensava che l’innovazione tecnologica fosse un processo più o meno lineare che partiva da una scoperta scientifica, continuava con la R&S industriale, l’ingegnerizzazione e la produzione e si concludeva nella creazione di prodotti e processi commercializzabili. Questo modello di technology push prevalse fino agli inizi degli anni 60.
E’ indubbio che lo stesso Schumpeter abbia influenzato il diffondersi di tale interpretazione. Questi, infatti, non mostrò di avere una chiara percezione delle forze di mercato. Nella sua “Teoria dello sviluppo economico” l’autore individua l’origine delle innovazioni principali del proprio tempo nella sfera della produzione, e più precisamente nella figura dell’imprenditore; la possibile relazione tra queste e dati bisogni del mercato non è considerata.
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