Umberto Adamoli
I BANDITI DEL MARTESE
(Romanzo storico)


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     "Anche nel mio animo cantano le valli, i campi, i fiori. Forse noi non eravamo nati per seguire le orme paterne. Calamità dei tempi! Ma nel buio scintillano sprazzi di luce che, illuminando la nostra giovinezza, fanno sperare che altri eventi ci condurranno a camminare su altra strada. Abbiamo rivolto gli occhi troppo in alto, per restare a vivere tanto in basso.
     Ma ne riparleremo. Per oggi torniamo alla montagna."
     E partirono. Poiché era calata la notte, si fermarono nel villaggio di Piano, che si trovava sulla via del ritorno. I due capi alloggiarono presso una delle migliori famiglie. Il giorno dopo, di buon mattino, ripresero il loro cammino.
     Gli ultimi episodi, la sconfitta di Colleatterrato, le nuove minacce indussero Napoli a mandare in Abruzzo altre truppe, per un'azione più forte.




     La montagna, che tutto sapeva, viveva tranquilla. Anzi, Giulio e Santuccio, con il consenso del vecchio capo Colranieri, pensarono di fare altra ricognizione, verso altra contrada, ad essi più cara. Partirono di buon mattino. Il cielo sereno, nella fresca mattinata estiva, invitava a camminare. Le campagne, ove da un boschetto all'altro i merli si ricambiavano i loro canti, apparivano deserte. Né più vi si vedeva il contadino nel suo fecondo lavoro; né più si udiva il canto gioioso della villanella, ciò che infondeva un senso di profonda malinconia. Dopo aver riposato in un valloncello fresco d'alberi e d'acqua, le due bande ripresero il cammino verso due mete diverse: l'una per Campli, l'altra per Mosciano.


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Umberto