Umberto Adamoli
I BANDITI DEL MARTESE
(Romanzo storico)


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     "Torna, allora."
     "Non posso."
     "Come non puoi."
     "Altri impegni mi costringono a vivere altrove."
     "Molto lontano?"
     "No, se la distanza è calcolata con il metro; sì, se con l'affetto.
     Ma parliamo d'altro, Cinzia, ché il tempo vola. Parliamo di questa notte deliziosa. Tutto è qui santo. Anche il tuo nome è in armonia con la bellezza che ci circonda. Cinzia, lirico nome. Notte davvero da innamorati. In cielo, corteggiato dalle stesse e a conforto del solitario viaggiante, va lungo l'eterno suo cammino. La sua luce sembra che avvolga teneramente le gioie e i dolori del mondo. Dalle aiuole si diffonde con potere di malia il profumo dei fiori, dal capanno di rose canta l'usignuolo. Ne sono geloso."
     "Anche d'un uccello?"
     "Anche, maggiormente se usignuolo. Può strappare palpiti a cuori gentili."

     "L'ascolto, in verità, con molta tenerezza e mentre l'ascolto sogno... Ma... ma... una fucilata. Hai udito? Chi sarà?"
     "Un qualche notturno cacciatore di volpi."
     "Suonano le campane..."
     "Debbo andare, Cinzia."
     "Non andare. I banditi sono feroci."
     "So mettermi in salvo. Sta tranquilla. Presto tornerò."
     Rotto l'incanto, Giulio corse ansioso al recinto, lo scavalcò, scomparve nella notte, con i suoi, sulla strada di Campli.



     Molti commenti si fecero a Mosciano, il giorno dopo, su l'accaduto. Molto strana quella comparsa di banditi, senza i soliti saccheggi. Qualcuno assicurava che uno di essi era giunto sino alle prime case, messo poi in fuga dal suono delle campane.
     "Sono bravi, quei signori, dinanzi ai deboli!" Sentenziava uno dei capannelli, formati qua e là per i commenti. "Basta il suono d'una campana per metterli in fuga. Non è vero?"


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Umberto