Umberto Adamoli
I BANDITI DEL MARTESE
(Romanzo storico)


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     Questo messaggio d'ansia e d'invocazione produsse nelle due parti effetti contrari. Mentre gli uni avrebbero voluto mettere le ali per correre verso il pericolo, gli altri, tornando ai loro propositi, avrebbero voluto approfittare di quella confusione per metterli in atto.
     Col ripetere: "Voi non lo farete" e "Noi lo faremo" in un eccesso d'ira mettevano gią mano alle armi. Ma a Frondarola vi era la sola banda del Montecchi, molto moderata, che accorse per ristabilire l'ordine. Lo Sciacqua, i Vitelli e i loro amici s'allontanarono torvi d'odio e di minacce, per risalire, con le loro bande, da Valle Castellana ai loro covi. Gli altri, dopo breve consiglio, mossi da pietą, corsero verso Teramo. Quando apparvero sulla collina le campane suonarono, non a martello questa volta, ma a festa.

     A mezzogiorno quelle bande, con i capi alla testa, tra due ali di popolo plaudente, entrarono in cittą. S'adunarono, successivamente, nella piazza grande, per udire la parola di padre Fulgenzio, lą presente. Parola di fede, d'amore, di esaltazione; parola di alto elogio per il Vescovo, le autoritą, i cittadini tutti che, nel momento del pericolo, si erano ricordati, fiduciosi, di quei loro fratelli, che vivevano, con i loro ideali, sulla montagna. Bande che, come quelle di ventura, rappresentavano un nobile tentativo di creazione di milizie nazionali da contrapporre alle mercenarie milizie straniere, causa di tanti lutti, apportatrici sempre di miseria e di corruzione.
     Ma a favore di quelle bande, adunate in quella storica piazza, vi era qualche cosa di pił. Esse avevano avuto per Teramo una particolare predilezione e l'avevano sempre difesa a viso aperto ogni qualvolta dai veri predoni era stata minacciata. E quelle bande, ne era sicuro, avrebbero assolto il nuovo incarico nel modo pił onorevole.


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Umberto