Umberto Adamoli
I BANDITI DEL MARTESE
(Romanzo storico)


Pagina 37
1-10- 20-30- 40-50- 60-70- 80-90- 100-110- 120-130

[Indice]




     La banda di Santuccio, alla quale si erano aggiunte le bande di Titta Colranieri e di Salvatore Bianchini, nel percorrere le verdi rive del Tordino, s'imbatterono negli altri maomettani che, risalendo il fiume, marciavano con sicurezza verso Teramo. Tutto poteva ad essi essere lecito, non avendo più gli italiani spirito combattivo. Questa volta, però, con dolorosa sorpresa, si dovettero ricredere, ché in breve tempo furono affrontati, sbaragliati, inseguiti, nella fuga disordinata, sino al mare, sino alle navi. Poiché su quei legni vi erano italiani e a terra maomettani, le due parti, dopo uno scambio d'invettive, giunsero ad una più calma discussione, per la liberazione dei propri prigionieri. Concluso l'accordo, uno dei capi disse:
     "Sino a questo momento noi sapevamo che gli italiani, dinanzi al pericolo, non sapevano che suonare le campane. Oggi voi avete dimostrato di saper anche combattere e con molta bravura. E' la prima volta, nelle nostre scorrerie, che siamo stati costretti a riprendere con la fuga la via del mare. Ma siete proprio italiani?"

     Italiani e custodi del fuoco sacro della latinità, nel quale un giorno non lontano, gli italiani tutti, si dovranno riscaldare per riprendere, nello spazio, la marcia dei trionfi.
     Italiani che, nel ricordo della nostra storia gloriosa, non sopportano soprusi. Ieri caddero sulla montagna, sotto i nostri colpi, gli spagnuoli; oggi nel piano voi. Ecco chi siamo. Ed ora riprendete i vostri prigionieri, i vostri feriti, i vostri morti e partite. Quando dal mare vi si offrisse ancora in vista quel monte dal duro nome di Gran Sasso, ricordatevi, per il vostro bene, che alla sua ombra vivono, vigili e aggressivi, i banditi del Martese." E i maomettani partirono.


[Pagina Precedente] - [Indice] - [Pagina Successiva]

Umberto