Umberto Adamoli
I BANDITI DEL MARTESE
(Romanzo storico)


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     La sera stessa confidò alla madre il suo segreto, facendo la storia di quella vicenda sin dal nascere e le confidò le pene, i dubbi, le speranze.
     La madre, pur ricordando che quel Montecchi aveva salvata la figlia, rimase da quella rivelazione molto turbata. Ben altro aveva sognata per la sua Cinzia. Correvano voci non sfavorevoli sul conto di quel giovane; non cessava, nondimeno, di essere stato uno della montagna.
     La notizia produsse sgomento pure nell'animo del padre. Non s'aspettava che la sorte fosse con lui così nera. La disgraziata figlia era stata salvata dalle mani dei pirati del mare, per cadere nelle mani di quegli altri pirati nostrani, non meno sanguinari. No, no... Eh no! Le conseguenze? Non più purtroppo le leggi proteggevano i galantuomini; né le autorità, avvilite, avevano forza di farle rispettare.

     Il governo della regione, per il diritto del più forte, era quasi nelle mani dei banditi, ai quali nulla si poteva negare. Vi erano stati, per simili rifiuti, rappresaglie terribili. Povera sventurata figlia!


     La notizia, diffusasi nell'abitato, produsse ovunque forte impressione e molti discorsi. Non poteva essere possibile che quella giovane, ricca di censo, di bontà e di bellezza dovesse unirsi ad un bandito. Però... però il caso non era tanto disperato, non trattandosi d'un comune bandito. Il pretendente, come si sapeva, era colto, essendo stato in seminario; era ricco, avendo ereditato a Santo'Omero i beni del capo Geronimo; era valoroso, e una sicura prova l'aveva data nella stessa Mosciano, nel conflitto con i pirati. E la natura, in quanto al fisico, non gli era stata avara. Si doveva in ultimo tener conto del suo ritorno, con il gradimento di Napoli, nella comune regolare vita.


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Umberto