Umberto Adamoli
I BANDITI DEL MARTESE
(Romanzo storico)


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     Tempo fa, e voi non lo potete ignorare, mentre i vostri soldati, i vostri ufficiali si davano, a nostre spese, alle più pazzesche crapule, i nostri bambini, se non volevano morir di fame, dovevano cibarsi di erbe guaste.
     Il nostro popolo non è cattivo. Ama la libertà, ma sa anche adattarsi, in taluni casi, se non vi sono abusi, alle catene della straniera dominazione."
     "Io non so chi voi siate e con quale autorità parliate, ma non mi è difficile smentire le vostre affermazioni: voi, di natura anarchica, siete ribelli a ogni governo."
     "Voi mentite e vi provo che qui si sa rendere omaggio a qualunque governo purché inspiri i propri atti a sensi di umana giustizia, come fu al tempo della regina Giovanna.
     Le generazioni si tramandano, invero, con simpatia il racconto delle accoglienze fatte a lei quando volle visitare la nostra città. Si ricorda che entrò in essa a cavallo, con una lussuosa scorta, al suono festoso delle campane, tra l'entusiasmo del popolo. Commoventi furono le manifestazioni d'affetto fatte, in quella occasione, alla buona regina.

     Che ne dite? Si inizi pure la nuova lotta. Non servirà che a procurare nuovo spargimento di sangue, nuovi desideri di riscossa. Questa è la verità. Molti dei miei cittadini non approveranno, a vostro conforto, queste mie franche parole. Il timore di nuove sventure può rendere deboli anche animi generosi.
     Se voi Preside possedete doti superiori non potete non comprendere e non approvare queste mie considerazioni."
     "Non vi posso comprendere", rispondeva il Vicario "cittadino de Adamnis, anzi mi meraviglio che abbiate osato di fare, dinanzi a me, un tale discorso. Io sono qui, e non lo dimenticate, non per fare vane chiacchiere, ma per distruggere, come sarà distrutto, il banditismo."


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Umberto