Gli sembra che il soldato debba calpestarlo. Si sente come percorrere dallo stridore ritmico delle sue grosse scarpe che marciano lente, che premono per un attimo la terra molle a pochi centimetri dal suo orecchio. I due austriaci al loro incontro, si fermano. Conversano. E' un confuso mormorio di parole tedesche. Poi il passo riprende.
L'aviatore si solleva e palpeggia la rete.
L'ha studiata tutta, da giorni. E' una rete a maglie larghe, rinforzata in basso perché non possa essere sollevata, è cosi tesa che vibrerebbe tutta sonoramente ad un urto. Egli aveva osservato una maglia più larga delle altre e che sarebbe stato possibile ingrandire. Crede di averla vicina.
Per essere più libero insinua le scarpe oltre la rete, sporge il braccio al di là: le posa. Poi cerca il varco pensato.
Si è sbagliato. La maglia più larga è oltre l'altra trave.
Egli si sposta. Un po' rassicurato, agisce con regolarità e con calma. Quando le sentinelle si avvicinano rimane disteso ed immobile; quando si allontanano, sorge, striscia, lavora con gesti vellutati.
Ha ritrovato la maglia. Per allargarla ne spezza i fili piegandoli avanti e indietro fra le dita inguantate.
Occorre un tempo infinito. Passano delle ore, delle eternità. L'acciaio resiste. Sono necessarie centinaia di piegature prime di udire il piccolo tac della rottura. Due, tre volte ogni minuto, giù fermo: la sentinella.
Il terreno declina oltre la rete; qualche sasso, smosso dalle ginocchia del prigioniero, si distacca durante il lavoro e rotola giù. Il giovane allibisce, ha l'impressione di un rumore enorme, si accascia e aspetta. La sentinella d'angolo si è fermata di colpo. Ascolta. Trascorrono alcuni secondi di agonia. II soldato prosegue.
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