Luigi Barzini
Odissea. L'avventurosa fuga di un nostro aviatore dal campo nemico.


Pagina 16 di 29       

%


     Dopo un paio d'ore di lavoro, l'aviatore ritiene di poter scivolare attraverso la rete spezzata. Coglie il momento favorevole, passa una gamba nel varco, appoggia il piede al di la, lentamente passa l'altra gamba. E ad un tratto si sente come afferrare e trattenere da delle unghie.
     Sono le punte dei fili rotti che si attaccano da tutte le parti al suo vestito. Vorrebbe istintivamente strapparli alla presa. La sentinella si avvicina. Egli si domina, pensa che tutta la rete vibrerebbe ad un gesto brusco. Cerca uno ad uno i rampini che lo tengono, li discosta, li torce, con spaventosa pazienza, si libera era tempo: il soldato passa.
     Il fuggiasco si trova in un campicello di patate, coltivato sul declivio, e inoltra fra le piante a passi da lupo... E le scarpe? Dimenticava le scarpe. Torna indietro a cercarle, si riavvicina alla rete, ne segue il bordo. Eccole!
     Pochi minuti dopo egli si allontanava dalla notte.
     Dovevano essere le due del mattino. L'aria era fresca, il cielo stellato. Le cortine dei monti invadevano il firmamento, nere e precise.
     L'aviatore Adamoli, uscito ormai dal campo contumaciale, discese il declivio fino alla ferrovia, che bordeggia la Sava sulla riva sinistra. La seguì verso ponente, in direzione della piccola stazione di Birnbaum, poco lontana, di cui vedeva le luci avanti a se.
     Ogni tanto si fermava tendendo l'orecchio allarmato. Niente: era il rumore dei suoi passi che sembravano inseguirlo. Nessuna voce scendeva dal campo dei prigionieri, che guardava nella valle con le sue lanterne, quieto e sinistro.