Luigi Barzini
Odissea. L'avventurosa fuga di un nostro aviatore dal campo nemico.


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     No. Udì sotto a sé delle vociferazioni e il grido imperioso ai intimazione: "Alt!" Lo avevano visto. I soldati si erano levati e accorrevano lanciandogli aspri comandi.
     Egli si accorse che erano disarmati: avevano deposto i fucili nella capanna. Si fermò e finse di rispondere, per tenerli a bada. Gridò loro delle frasi astruse, vuote di senso, per dare l'illusione di una spiegazione sperduta nella distanza, col tono di un uomo tranquillo. Gli uscivano dalle labbra confuse parole del suo dialetto lombardo. Gli austriaci ascoltarono, e, non comprendendo niente, ripeterono le loro ingiunzioni. Ma intanto si erano fermati per sentire. II fuggiasco misurò la distanza fra lui e il valico, e fra lui e i nemici. Il valico era più vicino. L'aviatore si lanciò. "Alt! Alt!". Non rispondeva più, non si volgeva più, non sapeva se lo seguissero. "Alt!” Gli pareva che il grido si avvicinasse. Giunse al passo. Il passo era trincerato. Egli valicò dei parapetti, un fosso, attraversò il varco dei suoi reticolati. Il declivio precipitava. L'evaso si buttò giù verso una valle buia. La valle di Zadnjica. L'ultimo chiarore del crepuscolo contornava una nera tempesta di vette.
     Egli scendeva un incerto sentiero precipitoso, fra le rocce, e s'immergeva in una notte profonda. Arrivò ai prati, poi ai boschi, sboccò per il sentiero in una grande strada bianca. La seguì, camminando sul margine. Vedeva delle casette illuminate sui fianchi delle alture, dei villaggi che vegliavano, tutta la valle viveva, udiva voci lontane, era l'ora della lampada di casa. Quando sentiva qualcuno sulla strada, si coricava dietro il margine e aspettava.