Luigi Barzini
Odissea. L'avventurosa fuga di un nostro aviatore dal campo nemico.


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     L'aviatore pensò di continuare il cammino sulla ghiaia del fiume. Per rendersi meno visibile trasformò il vestito, mise le mutande sui calzoni e infilò la tunica rovesciata. Ripartì. Vedeva baraccamenti, di tanto in tanto, sulla ripa; luci vaganti di lanterne; profili immobili di sentinelle. Allora camminava nell'acqua. Ma i soldati d1Italia erano ancora così lontani! e la marcia era così penosa per i suoi poveri piedi! Dopo qualche ora egli risalì sulla strada.
     Il traffico cresceva. Passavano file di carri, di cassoni di furgoni, drappelli di soldati in corvée. Li lasciava passare, nascosto. Non poteva distinguere le uniformi, nel buio, e rifletté che gli altri non avrebbero riconosciuto la sua. Prese ardire. Non si nascose più che se v'erano lumi. Avvicinando le sentinelle, aspettava il passaggio di qualche carro e avanzava rapido nella confusione. Il suo passamontagna somigliava al berretto austriaco col copriorecchie abbattuto. Aveva gettato il bastone e portava le mani dietro al dorso, come aveva visto fare ai soldati austriaci senz'armi. Passato Soca udì il cannone, e gli parve d'essere arrivato.
     Non si fermava più, non esitava più. Ma poco prima di Coritenza, una baracca illuminata, risuonante di voci, gli barrò la strada col fascio di chiarore irrompente dalla porta spalancata. Volle passare dietro alla baracca, una sentinella emerse dalle tenebre e gli parlò. Egli fece per ritrarsi, inciampò in una trave e cadde mandando una espressione di dolore. L'austriaco rise e gli augurò la buona notte: Gute nacht!