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Raccontano Silva, Gaudenzi e Venturi: "Un ruolo di denuncia, analisi, controinformazione, che nessun altro giornale – tranne alcuni rotocalchi - ha saputo o voluto assumersi. (...) Questa funzione informativa originale è il frutto delle scelte politiche e culturali di Togliatti, della stessa cultura dei primi collettivi redazionali, formati da intellettuali di origine borghese , dalla tensione – non priva di ambiguità - verso i grandi modelli della stampa borghese. Ma è anche sostenuta dall'entusiasmo dei redattori-militanti; da metodi di lavoro in cui - accanto alla disciplina di partito - esiste una pratica di discussione collettiva; dalla ricerca di collegamenti con fonti obiettivamente “alternative” (basti pensare alla realtà del movimento operaio e del sindacato fino agli anni '70 praticamente ignorata dalla grande stampa); da originali tentativi di rapporto con la propria base di lettori, quali l'organizzazione degli “Amici dell’Unità”, la ricca articolazione locale dell'organizzazione editoriale del giornale." (27)
I corrispondenti e i cronisti de “L’Unità” imparano i segreti del mestiere e le tecniche narrative dai “giornali borghesi” (28) con cui competono e di cui tentano di raggiungere gli standard professionali, per superare il modello del bollettino di partito; “L’Unità” a sua volta “fa scuola” per il nascente giornalismo di denuncia italiano.
(27)
A. Leiss, La difficile scommessa dell’Unità, cit., p. 32.
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