Per assecondare le inclinazioni del pubblico di massa si dilata lo spazio dedicato alla “sfera evasiva” (successivamente ridimensionato con l'incupirsi del clima politico): si infittiscono i pezzi sullo sport, (55) la cronaca nera, le “notizie amene” e nel 1949 in compare addirittura il romanzo d’appendice: (56)
Il vicedirettore Tortorella racconta con sicura soddisfazione:
"Trenta o quarantamila copie. Era un vero giornale regionale, ormai, con cronache, oltre che a Genova, a La Spezia, Massa, nel Ponente e nel Levante ligure. Capace di fare concorrenza al giornale locale socialista “Il Lavoro” (...) Ci sentivamo la vera voce di un'importante regione rossa". (57)
L'acuirsi della guerra fredda, con l’esplosione del conflitto in Corea, rende però sempre più esiguo lo spazio attribuito alle redazioni locali: nel 1950 il quotidiano aumenta a sei pagine la foliazione, ma buona parte del materiale - i fondi, le note politiche, gli editoriali - provengono dalla direzione centrale rispecchiando "il classico copione da guerra fredda". (58) Si pretende quindi un maggior coordinamento tra le redazioni, tentando di omologare sulla stessa linea - il più possibile unitaria - le varie edizioni locali. Il dualismo con “L’Unità” romana si percepisce chiaramente, si approfondisce quella contraddizione tra i dirigenti romani - gli "idealisti", che "volevano sempre aprire con la nota politica"- e i redattori delle edizioni del nord, più vicini alle lotte sociali e alla conflittualità operaia. (59)
* * *
(55)
In terza pagina, fino a quando la foliazione del giornale passa a sei pagine; nel 1949 guadagna addirittura una
rubrica, "Nel mondo dello sport", spesso molto estesa, in occasione degli inconri calcistici della Nazionale e delle
tappe ciclistiche del Giro d'Italia. (Ibidem).
(56)
Il romanzo di appendice compare nel 1949 in terza pagina, poi sarà spostato nel maggio 1950 nel taglio basso
della quinta pagina. (Ibidem).
(57)
A.Tortorella, in Paolozzi-Leiss, Voci dal quotidiano, cit., p. 65.
(58)
E cioè: “gli immancabili resoconti dei ‘pellegrinaggi’ nei paesi socialisti, (...) le solite corrispondenze al vetriolo
dagli USA, a cui si aggiungono quelle dal fronte coreano (...), una lunga serie di articoli pseudo scientifici sulle
raccapriccianti conseguenze dell’uso degli ordigni nucleari”. (Ibidem, p. 81).
(59)
U. Silva racconta di come già le sue dimissioni dal quotidiano, nel 1947, fossero state provocate da un
processo
politico delle sue posizioni, considerate "non rispondenti alla linea politica delle direttive di partito,
testimoniate dalle testate di Roma e Milano". Anche lui lamenta che i fatti che segnavano l'aggravarsi della
divisione internazionale "avevano come fermato lo scorrere di un tempo astratto, riportando alla realtà degli
avvenimenti ad una valutazione senza equivoci". Incolpa però il partito di aver tradito i molti "intellettuali
della Resistenza comunista" che lavoravano nelle redazioni,incoraggiando la divisione tra chi furono
"assorbiti dalla politica di partito" e i meno allineati, che se ne allontanarono definitivamente. (Cfr. U.
Silva., L'avventura stupenda e agra di un giornale, cit., p.71).
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