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“Dalla fabbrica che lavora senza direzione si procede alla costruzione, temporanea ma efficace, di un insolito blocco stretto attorno ad una specie di gramsciana "casamatta". Nascono i comitati delle mogli, delle figlie, degli studenti, dei pensionati, dei bimbi, comitati di iniziative nel territorio, nelle scuole”. (96)
L'avvio dell'occupazione - a sostegno di tredici operai ingiustamente licenziati e in risposta alla serrata dell'azienda da parte della direzione - coincide con l'entrata in scena del neo-amministratore, l’Avv. Federico Nordio, che con i suoi primi provvedimenti aveva frenato la divulgazione di informazione politica all'interno dello stabilimento. (97) Le restrizioni prevedevano: l'eliminazione di ogni informazione politica nelle aree dell'azienda e il divieto di divulgare volantini e di diffondere giornali di partito: si consideri che “LUnità” e “l'Avanti” erano affissi regolarmente in bacheca in fabbrica e le 43 cellule del PCI presenti, a cui aderivano 3500 operai attivisti, attuavano una diffusione capillare. Inoltre, Nordio ostacolò le riunioni degli "esperti di reparto" (i delegati sindacali) bollandole come “condizioni di illegalità interne causate dai lavoratori”. (98) "Per 80 giorni, dal 4 febbraio al 24 aprile [1950, ndr], tecnici, operai, impiegati restati al proprio posto - nella misura del 94% di operai e 70% di impiegati - danno vita alla nuova esperienza dell'autogestione con la prosecuzione normale della produzione, fenomeno mai visto prima, almeno per le dimensioni dell'azienda e la complessità delle 300 lavorazioni da terminare". (99)
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