L'Italia, prima ancora di altri paesi, e cioè dal discorso che il Capo dal Governo, Nostro Duce, pronunziò a Pesaro (agosto 1926) seguì la tattica di rafforzare le proprie riserve metalliche. La medesima condotta tennero il Belgio, la Polonia e i Paesi Baltici. Alcuni stati americani, quali l'Argentina, il Brasile, il Chile, il Peru, la Colombia ed altri, avendo risanato i propri sistemi monetari, giudicarono necessario anch'essi di rafforzare le loro riserve monetarie.
Se il mercato americano non fu molto turbato dalle richieste di oro alle quali dovette far fronte, lo stesso non può dirsi del mercato di Londra, il quale dal 1927 in poi fu seriamente compromesso dalle forti richieste di oro fatte dagli stati europei, e fu per una certa solidarietà di cui dette prova l'America se esso potette dapprima evitare una vera crisi monetaria. Tuttavia i rischi attraversati dal mercato londinese impressionarono i paesi che avevano adottato il gold exchange standard, i quali furono così spinti a modificare la composizione delle riserve dando la preferenza all'oro, per passare al sistema del gold bullion standard, allorché avessero costituito le proprie riserve esclusivamente di metallo giallo.
Il ritorno all'oro o ad uno del siatemi ad esso vicini non si è fatto perché si sia pensato di attribuire all'oro una potenza taumaturgica, come al esprime il prof. Cabiati nel ricordato volume, bensì piuttosto perché si è capito essere necessario compiere siffatta operazione per risanare uno stato di cose non solo grave sotto l'aspetto monetario, ma tale da inquinare tutta la vita dei paesi e massime quella industriale a commerciale. Non mancano quelli che, considerando il problema della politica dall'oro sotto l'aspetto dell'interesse immediato concludono che le riserve in divise auree, e cioè in oro investito all'estero, essendo fruttifere, sono da preferirsi alle riserve in oro metallico. Ma se con le riserve metalliche si perde l'interesse che le banche godrebbero sui crediti tenuti all'estero, esse però guadagnano in indipendenza economica. Lasciare l'oro negli Stati Uniti o in qualsiasi altro paese contentandosi di formare la riserve mediante crediti sopra tali paesi, significa lasciare a costoro il più potente strumento regolatore del livello dei prezzi e del credito internazionale. Se ne deve concludere che fare una politica dell'oro con l'unico obiettivo di ricavarne un frutto immediato, investendolo all'estero, può costare al paese più di quello che tale investimento può rendere.
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