Altri provvedimenti invece miravano a diminuire la pressione fiscale e fra essi dobbiamo ricordare: la liquidazione dell'imposta sul capitale, la riforma dell'imposta di successione e la riduzione delle aliquote. Il tentativo di liquidazione dell'imposta sul capitale fu una misura di saggezza fiscale e sociale.
Più audace fu la riforma dell'imposta di successione. Questa in realtà, prima del fascismo, era soltanto giustificata da una ostilità dottrinale verso l'eredità. L'oppressione fiscale aveva inoltre il suo corollario normale che è l'evasione. Ora, questa, facile con i titoli al portatore e con valori stranieri, era impossibile con i titoli nominativi e con gl'immobili. Questi due elementi del patrimonio subirono un deprezzamento considerevole e ognuno cercava di disfarsene. La soppressione del titoli al portatore ebbe per effetto di accrescere il valore del titoli stranieri e diminuire quello dei titoli italiani. La detta oppressione fiscale poi si traduceva in una vera ingiustizia. Le famiglie meridionali avevano in immobili la maggior parte delle loro fortune; esse dovevano dunque subire una espropriazione più o meno completa al momento del decesso del loro capo. Invece per la borghesia industriale dell'Italia continentale, che possedeva denaro liquido, l'evasione era possibile. Il Governo Fascista decretò la soppressione totale dell'imposta di successione nell'ambito della famiglia. Indubbiamente lo Stato ebbe a subire una perdita sensibile in conseguenza di questa riforma; ma il patrimonio privato dell'Italia, subito rivalutato, favorì un migliore rendimento delle imposte. Questa riforma sorpassa il campo economico e fiscale ed acquista un alto significato sociale, politico e morale.
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