Giovanni Adamoli
L'allineamento monetario dell'ottobre 1936


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     Grandi Società Italiane, con il beneplacito e talvolta la garanzia dello Stato ottennero dei prestiti all'estero. Questa politica riuscì a ricostituire la riserva delle banche d'emissione. Indubbiamente si aumentò l'indebitamento dell'Italia all'estero e s'introdusse nella bilancia dei conti un nuovo elemento passivo, il carico dei prestiti. Tuttavia questo indebitamento non costituiva un impoverimento della nazione, come la maggior parte dei prestiti pubblici, non essendo destinati al consumo. Al contrario esso aveva per effetto di sostenere la moneta e aumentare le possibilità di credito che le banche potevano accordare alla produzione.

c) Difesa contro la speculazione.

     Per combattere la speculazione contro la lira il governo fascista prese una serie di provvedimenti, primo fra i quali la proibizione delle operazioni allo scoperto. Ai termini del decreto-legge del 26 febbraio 1925 "gli agenti di cambio, i banchieri e i commissionari non potranno accettare od eseguire degli ordini di compare a termine, eccetto dei titoli di Stato o garantiti dallo Stato e delle obbligazioni fondiarie, se non è effettuato un versamento del 25 % dei titoli domandati". Così ogni speculazione necessitava di una disposizione di fondi immediata, ciò che costituiva un serio intralcio.
     Davanti all'insufficienza di questo provvedimento a frenare la caduta della lira e per combattere il panico ch'esso aveva provocato, lo Stato risolse di discendere esso stesso sull'arena borsistica e farsi speculatore. Durante sei mesi, le disponibilità del Tesoro furono utilizzate ad effettuare dei riporti di lire. Quelli che prendevano posizione al rialzo erano sostenuti. Questa manovra riuscì a mantenere la stabilità della lira, ma non arrivò a disarmare i ribassisti che furono padroni del terreno quando il Tesoro dovette rinunciare ai riporti di lire.