Le operazioni bancarie furono compromesse dai ritiri dei depositi, il commercio cadde in ristagno in conseguenza della tesaurizzazione e della fuga davanti alle merci.
La contrazione dei depositi che si produsse in questo periodo fu la risultante di due ordini di fattori. Da una parte i depositanti erano inquieti dalle disposizioni del governo e temevano che per favorire la rivalutazione riprovocasse una immobilizzazione del credito; d'altra parte siccome tutti speravano sull'aumento di valore della lira, tutti preferivano tenere nelle proprie mani e avere a loro disposizione questa pietra filosofale, principio miracoloso di ricchezza.
Intanto, in mancanza di depositi le banche non potavano fare del credito. Non solo il commercio ne fu colpito, ma lo stesso Stato fu messo in una posizione inquieta. Una gran parte dei buoni del Tesoro giungevano a scadenza in questo momento; il Tesoro era sprovvisto di moneta a la banche non potettero trovare la somme sufficienti per anticipargli ciò che gli era necessario. Bisognò procedere a nuove emissioni di carta par permettere al Tesoro reale di onorare le sue scadenze; e il prestito del Littorio, emesso in novembre, giunse a proposito per liberarlo da un serio imbarazzo.
Questa crisi, sia pure di breve durata, fece numerose vittime. La contrazione del credito mise dei produttori e dei commercianti nell'impossibilità di procurerai le risorse indispensabili alle loro imprese. Inoltre gli affari erano in ristagno perché la ricerca della moneta aveva per corollario la fuga dalle merci. Queste si deprezzavano mano mano che si apprezzava la lira e ognuno limitava le sue compere al minimo indispensabile considerando dabbenagine scambiare un bene che tende al rialzo contro un bene che tende al ribasso e sperando sempre di avere un beneficio da una diminuzione ulteriore dei prezzi.
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