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Possiamo quindi concludere che il regime fascista favorì un ribasso provocando la riduzione dei costi di produzione; ma quando questo ribasso precipitava e diveniva eccessivo cercò di contenerlo. Ne risultò una politica di abbassamento dei prezzi all'ingrosso, non una catastrofe.
L'abbassamento dei prezzi all'ingrosso doveva tradursi in una riduzione dei prezzi al minuto e del costo della vita. In mancanza di ciò, l'operaio il cui salario era stato ridotto, il capitalista ed il redditiere le cui rendite erano state diminuite e l'imprenditore che non aveva potuto mantenere il suo profitto, si sarebbero ritrovati con un minore potere d'acquisto, e l'equilibrio che si proponeva di ottenere il regime fascista non sarebbe stato raggiunto. La difficoltà di pervenire a questo equilibrio e di armonizzare i prezzi al minuto con i prezzi all'ingrosso fu precisamente uno degli aspetti più caratteristici e più profondi della crisi. Quando vendeva i suoi prodotti sul mercato, l'industriale o l'agricoltore non ricavava che prezzi irrisori; quando invece doveva comperare ciò che era indispensabile alla sua sussistenza trovava dei prezzi che sorpassavano le sue risorse. Era nello squilibrio fra i prezzi all'ingrosso e al minuto che risiedeva il nodo della crisi. |