c) Contrazione del commercio estero
In un primo tempo la contrazione del commercio estero non poteva essere che la logica conseguenza della rivalutazione della lira.
Inoltre altri fattori concorsero a rendere sfavorevole la nostra bilancia commerciale provocando un aumento delle importazioni ed una riduzione delle esportazioni. Le domande fatte dall'Italia all'estero si accrebbero in conseguenza dei cattivi raccolti, incapaci di fornire al consumo nazionale le derrate agricole necessarie oltre al fatto che i cattivi raccolti ci vietarono di esportare quei prodotti agricoli che costituivano la nostra principale esportazione.
Su questa situazione difettosa pesavano altri elementi della bilancia dei pagamenti internazionali. La politica nazionale del regime si opponeva sempre più all'emigrazione della mano d'opera e l'operaio che rimaneva in Italia aumentava del suo consumo il consumo nazionale invece di inviare le sue economie alla madrepatria. Ora le "rimesse degli emigranti" erano la posta creditrice più importante della bilancia del conti.
La rivalutazione e stabilizzazione avevano reso necessario la emissione di prestiti il cui servizio aumentava le poste debitrici. "Per adattarsi a questa situazione”, dichiarava M. Stringher, allora direttore della Banca d'Italia, “bisogna continuare una politica di sobrietà nella circolazione della carta ed adottare misure severe nell'ammontare delle operazioni di credito bancario; perciò occorre tenere relativamente alto il tasso dello sconto per moderare l'uso dei crediti di banca, per evitare l'inflazione, porre il più che sia possibile degli ostacoli all'uscita del capitali dall'Italia ed opporre una diga al fervore delle spese”.
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