Non vediamo in che consistesse quella "rigidità". Esso aveva funzionato senza nessuna durezza dal 1844 al 1914, cioè esattamente per quei settanta anni durante i quali il commercio mondiale era salito allo splendore che tutti conoscono.
Il"gold standard" rispose perfettamente al requisiti della precisione, della rapidità, del minimo costo, richiesti per la sua duplice funzione: di misura comune del valori, e di strumento tecnico per gli scambi internazionali. Il "gold standard", invece, non può funzionare in un mondo in cui gli scambi siano ostacolati.
Le durezze iniziali del suo funzionamento nell'ottocento erano state brillantemente superate, a mano che i formidabili progressi dei mezzi di comunicazione, eliminando gli attriti dello spazio e del tempo, avevano fatto del mondo un mercato praticamente unico. Le notizie della borsa di New York e del suo andamento, venivano riprodotte a Londra a a Parigi con poche diecine di minuti di intervallo. E allora, se il cambio di un paese sull'altro si era teso sino a superare il punto dell'oro, si ponevano subito in azione, sui tre o quattro principali mercati, quei movimenti di capitali (aperture di credito) mediante i quali l'Istituto di emissione dello Stato da cui l'oro stava per uscire veniva informato che, ad un saggio d'interesse conveniente (e la concorrenza si faceva persino ad 1/8 di punto), l'estero apriva i crediti necessari per sostituire e contrapporsi a quella restrizione di credito a cui l'Istituto di emissione, senza di essa, avrebbe potuto vedersi costretto in causa dell'uscita dell'oro. Onde l'equilibrio si ricostituiva assai più con un lieve rialzo nei saggi dello sconto e dell'interesse, che non con un appesantimento del mercato monetario interno.
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