Quindi se lo Stato I si circonda di fortificazioni contro l'estero, la sua economia si irrigidisce. Non solo, ma il problema diventa di sapere chi paga i possibili errori. L'uscita di oro rappresenta una specie di campanello d'allarme che, entro i limiti di pochi centesimi di variazione per ogni cento unità monetarie, avverte subito il mercato che si è prodotto uno squilibrio nell'opera di esso.
Abolito questo segnale e rinchiusa l'economia entro una cerchia legalmente infrangibile, gli errori debbono farsi molto sensibili, prima che gli organi centrali li percepiscano.
D'altra parte lo Stato, allargando le sue funzioni, dirige esso, entro determinati limiti, le quantità, le offerte (limitando il numero delle fabbriche), taluni costi, molti prezzi.
Se vede che la bilancia dei pagamenti si fa passiva è difficilmente in grado di percepirne in guisa immediata la vera causa; indispensabile invece a conoscersi, per assumere provvedimenti esatti. Ad esempio non sempre contro un peggioramento del cambio, la misura più opportuna è il rialzo dello sconto ufficiale: perché, per dare un solo caso se le banche ordinarie avessero larghezza di depositi e pochi debiti, continuerebbero a prestare, nel loro interesse, al saggio precedente, senza preoccuparsi dell'Istituto centrale.
Ancora. A mercati liberi, l'abbassarsi di taluni prezzi di certi prodotti, l'elevarsi dei costi, gl'immobilizzi, in una parola, gli errori e le disgrazie vengono pagati subito da coloro che hanno commesso i primi, o subito le seconde: il mercato liquida la situazione e l'aria ritorna a purificarsi. Se invece è lo Stato che interviene, chi paga, molte volte, non è colui che fu disgraziato o che commise gli errori.
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