E allora la Banca di emissione, d'accordo con l'Ufficio Cambi, deve scegliere la politica adatta a correggere gli errori. Se, ad esempio, la politica creditizia interna ha elevato i costi, non si devono dare protezioni, o privilegi, o prezzi d'impero, i quali modificherebbero l'equilibrio in senso passivo; ma si deve lasciare che le aziende marginali, se non si reggono o non si trasformano con le proprie forze, cadano, come avverrebbe in regime di libera concorrenza. Se per questi errori, una o più banche si sono immobilizzate, occorre lasciare che si aggiustino, se possono, oppure che liquidino: evitando sopratutto che l'Istituto di emissione faccia sconti o risconti di favore.
Se si ha una crisi mondiale di prezzi per un movimento di lunga congiuntura, occorre lasciare che essa operi anche all'interno del paese. I prezzi cadono; capitali si liquidano; delle aziende entrano in perdita con danno del soci; i salari diminuiscono, e, con essi, si restringono molti consumi, diffondendo in tutti i campi industriali, agricoli, commerciali, la crisi liberatrice, profitti e interessi seguono la sorte dei salari. I gettiti delle imposte decrescono.
Abbiamo che il paese in questione segue il fenomeno mondiale: ciò mantiene intatto il valore della moneta, sicché lo "allineamento" prosegue senza imporre sacrifici ai contribuenti; e, fino a quando il Tesoro e la moneta rimangono intatti, torna più agevole, se del caso, ottenere dall'estero crediti a condizioni normali.
Abbiamo così che tutta l'economia del paese si "allinea" con la situazione internazionale: i costi interni, "comparativamente" mutano in esatto rapporto con quelli esteri; le aziende in crisi si riducono di numero, lasciando in vita solo quelle, i cui costi sono in grado di adattarsi alla nuova situazione. Il saggio dell'interesse, data la minore richiesta di risparmio, scende in guisa da proporzionarsi ai diminuiti saggi di profitti. I dividendi e i salari, così discesi, riducono certi consumi ed estendono l'obbligo dell'economia ad altre forme di attività.
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