Le industrie non colpite, e che quindi realizzano profitti divenuti "proporzionalmente" più elevati, li investono momentaneamente presso le banche, permettendo loro di abbassare i saggi di interesse. Tutto questo moto di riaggiustamento riequilibria l'attività produttiva interna e quella estera, le importazioni decrescono, mentre le esportazioni si estendono. L'economia del paese sì "allinea" di nuovo con quella estera, la bilancia dei pagamenti si rimette in pareggio; la valuta nazionale ritorna essa pure ad allinearsi con le altre valute. L'equilibrio internazionale è ricostituito.
Quindi "le condizioni di un allineamento stabile con una economia saggiamente diretta dallo Stato sono le stesse per numero e per metodo di aggiustamento, di quelle che si realizzano in regime di libera concorrenza".
Soddisfacendo a quelle condizioni, e solo in tale guisa, gli allineamenti si metteranno in grado di raggiungere lo scopo che è, e non può essere diverso, di quello offerto dal libero gioco della concorrenza assoluta.
Pareto e Barone, con procedimento analogo, dimostrarono che uno Stato socialista, il quale voglia realizzare il massimo utile con lo sforzo collettivo, raggiunge tale fine solo ed unicamente risolvendo il problema in guisa che soddisfi alle stesse condizioni che vengono soddisfatte automaticamente dal gioco delle forze liberamente agenti in piena concorrenza.
Con la differenza che gli attriti nel caso della libera concorrenza, sono minori, e, sopratutto, che gli inevitabili errori vengono pagati subito da chi li commette, e non da talune classi, a danno quindi di altre classi.
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