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Parte Seconda — Alta Italia
Micheli, constatava nei borghi di Bergamo l'esistenza d'una quantità di opifici per la fabbricazione e confezione dei panni. I dazi dei panni bergamaschi rendevano a Venezia, nel 1584, 39,000 ducati; nel 1740 tale reddito era salito a 85,000 ducati. Nel 1617 l'arte della lana occupava nel Bergamasco 25,000 persone e da negozianti girovaghi se ne vendevano i prodotti alle fiere d'Europa. Dopo il 1700 i panni bergamaschi ebbero a soffrire per la concorrenza di quelli di Francia, del Piemonte e della Germania. Nel 1776, malgrado che l'industria fosse in piena decadenza, il censimento veneto accertava nella provincia di Bergamo l'esistenza di 694 telai per la tessitura della lana e di 54 folle. Allora, centro dell'industria laniera era Gandiuo, che per otto secoli circa forni lavoro a 30,000 persone, ricorrendo agli abitanti delle limitrofe vallate.— Attualmente si contano nella provincia di Bergamo 19 opifici per la filatura e tessitura della lana, impieganti una forza meccanica a vapore di 112 cavalli ed idraulica di 303, con 9110 fusi attivi e 290 inattivi, di 55 telai meccanici e 468 a mano (di cui 10 alla Jacquard), tutti attivi. Sono attualmente occupati nell'industria della lana S51 operai ed il centro maggiore di produzione è ancora, come per il passato, Gandiuo in vai Seriana.
Industria uri. Cotone. — La statistica veneta già ricordata annoverava, nel 1776, per la provincia di Bergamo 262 telai adibiti alla fabbricazione del fustagno. Nel 1S21 fu fatto in provincia il primo tentativo per la lavorazione meccanica del cotone; ma l'inizio positivo dell'industria cotoniera meccanica nella provincia di Bergamo data dal 182S, anno nel quale sorse il primo stabilimento di filatura meccanica della ditta Zuppinger. Ma già da parecchi anni, con numerosi telai sparsi per tutta la provincia, si facevano tele per uso domestico con (dati misti di cotone, di canapa e di lino, e poi con soli filati di cotone, ottenendosi le cosidette cotonine, che non tardarono a prender posto in commercio. Attualmente la provincia ha consacrati all'industria cotoniera meccanica 27 stabilimenti, con una forza motrice a vapore di 1541 cavalli ed idraulica di 5034 cavalli, con 179,624 fusi attivi e 2000 inattivi, 4922 telai meccanici attivi e 125 inattivi, 11S telai a mano, dei quali 52 alla Jacquard, tutti attivi. Alla filatura del cotone sono addetti 3660 operai ed alla tessitura 1223; 1 industria è, sotto ogni rapporto, fiorente. Essa è esercitata in 9 Comuni da altrettanti stabilimenti, con una forza motrice a vapore di 100 cavalli ed idraulica di 2211; gli stabilimenti per la tessitura del cotone sono 11, distribuiti pur essi in 9 Comuni, con una forza motrice a vapore di 158 cavalli ed idraulica di 366 cavalli dinamici.
Industria del Lino e della Canapa. — Anche questa industria ha, nella provincia di Bergamo, belle ed antiche tradizioni. Il censimento veneto del 1776 attribuiva alla provincia dì Bergamo 1786 telai per la tessitura del Imo, dei quali 276 nella città capoluogo. Ora l'industria medesima è rappresentata nella provincia bergamasca da due grandi stabili nienti di filatura e da un altro cospicuo stabilimento per la tessitura. Questi 3 stabilimenti dispongono, complessivamente, di una forza motrice a vapore di 210 cavalli e idraulica di 1372 cavalli; nella filatura sono occupati 2640 operai con 23,666 fusi attivi; nella tessitura invece sono occupati 245 operai, con 119 telai meccanici e 12 a mano (Jacquard). Nel passato vi era un maggior numero di opifici; ma attualmente si ha un aumento rimarchevole nella potenzialità produttiva di questi, nella mano d'opera impiegatavi, nei mezzi meccanici di cui dispongono, onde si può con tutta sicurezza affermare che anche quest'industria è, nella provincia, ili pieno progresso. I prodotti, oltre dei filati d'ogni specie, consistono in telerie di canapa e di lino, tovaglierie di lino, tele da vela, che si vendono in Italia ed all'estero; i filati di canapa e di lino sono acquistati in Italia; parte di quelli di lino provengono dall'Austria e dal Belgio.
Tessitura dei pizzi e merletti. Nel solo Orfanotrofio femminile di Trescore Balneari è esercitata dalle ricoverate quest'industria, ma in modeste proporzioni