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Umberto Adamoli
Un segmento specifico della gestione delle risorse umane:
la pianificazione della formazione. Un caso aziendale: la spa Barilla G. e R. F.lli


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     Quale interpretazione dare al dato che solo meno della metà dei partecipanti al questionario dedicano tutto il loro tempo di lavoro alla formazione?
     Sono passibili due conclusioni. Quella pessimistica è che le aziende nella maggior parte dei casi non giudicano il problema della formazione come meritevole di godere di risorse a tempo pieno. Al contrario l'interpretazione ottimistica è quella secondo cui la formazione è integrata coll'intero processo di sviluppo delle risorse umane. Tale seconda interpretazione potrebbe trovare conforto nell'altro dato prima rilevato che ben 23 formatori di quelli intervistati lavorano in aziende con meno di 500 dipendenti.
     Uno degli items più significativi concerne il ruolo in cui si identificano i formatori. La tipologia di ruoli è quel a proposta nel VI Congresso AIF tenutosi nel 1984:
     a) analista di bisogni e progettista di interventi;
     b) manager responsabile di formazione;
     c) trainer come docente;
     d) trainer come organizzatore e coordinatore del corso.
     Inoltre per coloro che optavano per la terza risposta (trainer come docente) era anche necessario specificare se si tendeva ad assumere il ruolo di esperto di contenuti specifici oggetto di didattica oppure esperto di metodologie e processo formativa).
     Vediamo i risultati tenendo presente che bisognava dare non una risposta secca ma indicare delle priorità.
     La tabella qui esposta nella pagina seguente evidenzia prima di tutto che c'è una basso livello generale di esclusione: al massimo un terzo dei rispondenti non si riconosce affatto come manager della formazione e come docente, mentre è peraltro più ovvio che pochissimi si escludono del tutto dal ruolo di analisi di bisogni e progettazione di interventi o dal ruolo di organizzatore. Come interpretare questo elemento? Come un'ammucchiata del tutti fanno tutto mancando le specificità dei ruoli (ipotesi preoccupante) oppure se invece nella formazione le professionalità sono ad ampia spettro mancando una forte parcellizzazione del lavoro ( ipotesi interessante) . Era inoltre prevedibile che di coloro che si riconoscono anche nel ruolo di trainer più della metà si dicono esperti di processi e metodologie formative (il 60 %) più che non come esperta di contenuti specifici oggetto di didattica.