SCENA SECONDA
(Si annuncia, intanto, da un messo, l'arrivo di Santuccio. Il Segretario, che gli va incontro, lo introduce e se ne va. I due, rimasti soli, l'uno di fronte all'altro, si guardano con sostenutezza. Dopo, lo spagnuolo invita, con un certo garbo, l'italiano a sedere. Siede anche lui.)
PRESIDE - (con inzuccherata ipocrisia) Questa vostra visita mi è davvero gradita ed è piena di promesse. Fa pensare ad un ritorno alla saggezza, che mai manca a uomini valorosi, come siete voi.
SEGRETARIO - (che è vestito un po' come i moschettieri, con pugnale alla cintola) Troppo buono.
PRESIDE - (incoraggiato) Dimentichiamo, quindi, per un momento il passato e guardiamo con fiducia l'avvenire.
SEGRETARIO - D'accordo.
PRESIDE - (lieto della piega del discorso) Tutto, con un po' di buona volontà, si può accomodare. I malintesi, i dissidi, la lotta non giovano a nessuno. Oh se si potesse vivere sempre in pace su questa terra!
SEGRETARIO - Tutto dipende da voi. Io sono qui, ed è bene parlarci con franchezza, per desiderio del Vescovo. A ogni modo anche noi, che pur possediamo un cuore, non saremmo contrari a un accordo, a condizioni, s'intende, onorevoli.
PRESIDE - In che modo onorevoli...
SEGRETARIO - (con molta calma) Soddisfacenti alle ragioni per le quali da secoli siamo sulla montagna. Non avete mai sentito parlare di Marco Sciarra?
PRESIDE - No. A ogni modo ci dobbiamo saper intendere, con sereno spirito, per giungere a felici conclusioni.
SEGRETARIO - Allora?
PRESIDE - (con voce sempre più ammorbidita) Ritengo che non sia da rifiutare la concessione a voi d'un generale indulto, affinché possiate tornare a vivere nei doveri del civile consorzio, nell'onesto lavoro, nella pace della famiglia. L'eccellentissimo Viceré, nostro signore, nella sua magnanimità, è disposto ad accordare a voi, se sarete ragionevoli, larga indulgenza.
|