Umberto Adamoli
I BANDITI DEL MARTESE
(Dramma in quattro atti)


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     PRESIDE - Tra non molto conoscerete meglio anche me. Andate per il Comandante.



     SCENA QUARTA

     (Mentre il Segretario s'allontana il Preside, al tavolino, rilegge in silenzio una lettera spiegata dinanzi a lui. Scuote il capo. Legge poi ad alta voce:)

     "Che fate? Napoli da voi molto aspetta. I ribelli sono stati ovunque estirpati, tranne in codesta provincia, che pesa sul vicereame come un peccato. Nessuna giustificazione a ogni altro ritardo, quando vi sono stati forniti, per agire, tutti i necessari mezzi."

     (Si alza, si muove scuotendo sempre il capo e borbottando)

     COMANDANTE - (vestendo una qualche divisa) Ai vostri ordine, Preside.

     PRESIDE - O bravo.

     COMANDANTE - Quali novità?

     PRESIDE - Colui che si chiama Santuccio di Froscia è venuto qui a minacciare, a insultare, a sprizzare veleno.


     COMANDANTE - (con viva meraviglia) Santuccio di Froscia... nelle nostre mani... e non mi avete chiamato.

     PRESIDE - Non me ne ha dato il tempo.

     COMANDANTE - Peccato. Con la eliminazione del capo più temuto che bella festa sarebbe stata per noi e per Napoli. Che intendete ora di fare?

     PRESIDE - Entro tre mesi non un bandito, come sollecita Napoli (mostrando la lettera), dovrà rimanere su questa montagna maledetta. Non un bandito. Quale è lo spirito dei soldati?

     COMANDANTE - Buono, buono, nonostante i fatti sfavorevoli di Nepezzano e di Montorio. Però, per un qualche successo, bisognerà cambiar tattica. Non bisogna dimenticare che la montagna, ove le migliori truppe vi hanno lasciato le penne, è tutta una trappola.


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Umberto