Umberto Adamoli
I BANDITI DEL MARTESE
(Dramma in quattro atti)


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     (A questo punto s'ode un suono di corni)

     SANTUCCIO - (come svegliandosi) Le bande chiamano a raccolta, per la partenza. Il tempo è inesorabile nella sua corsa. Dobbiamo andare. Il nuovo giorno, secondo i patti, ci dovrà trovare oltre i confini.

     CINZIA - E i ladri di Spagna, liberi di voi e nello spirito della rapina, stringeranno vieppiù le catene della schiavitù.

     (S'odono ancora i corni)

     SANTUCCIO - Dobbiamo andare. Ma per un momento vado ad inginocchiarmi, nella vicina chiesa, dinanzi a S. Antonio abate, mio protettore.

     (Esce accompagnato da Barbara. Fuori la notte è rischiarata dalla luna, tra lo sfolgorio delle stelle, nel cielo sereno).


     SCENA SECONDA

     CINZIA - (rimasta sola con il suo Giulio, con molta mestizia) Quante vicende nella nostra vita!


     MONTECCHI - Vicende che con le luci e le ombre, le gioie e i dolori, sanno di romanzo. Però sempre di conforto le care ricordanze.

     CINZIA - Come caro è il ricordo della notte di Mosciano.

     MONTECCHI - Notte d'incanto, nel giardino fiorito, avvolto di poesia.

     CINZIA - E delizioso era il canto che sgorgava nel nostro cuore.

     MONTECCHI - E con le gioiose promesse della giovinezza.

     CINZIA - E ora? Funesti presentimenti, molto buio, molta tristezza. Dinanzi a voi vi è la guerra, la morte. Non partire, Giulio, non partire.

     MONTECCHI - Da te, Cinzia, un tale consiglio?

     CINZIA - Perdonami. Le parole del maledetto mago di Nepezzano, da te riferitemi, che risuonò nel mio intimo, mi turbano la ragione.

     MONTECCHI - Talvolta non vi è forza, Cinzia, che possa arrestare il compimento di certi eventi. Dinanzi a questi eventi, figli del destino, non rimane che chinare il capo, rassegnati, ed ubbidire. Ubbidire e attendere il ritorno, dopo il buio, della luce. E poi, anche Barbara rimane sola.


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Umberto