Trieste, li 30 aprile 1920
Comando 3. Compagnia
R. Guardia di Finanza
N. 5518 di Protocollo
OGGETTO: Opere prestate in guerra dal capitano Adamoli Umberto.
Fui mobilitato all'inizio della guerra e destinato al comando
della Sezione mitragliatrici nel 1. Battaglione di frontiera
della R. Guardia di Finanza.
Non intendo qui parlare della mia opera compiuta per effetto di
tale mia funzione, incomiata sempre, ricompensata con medaglia
d'argento al valor militare; né delle due ferite riportate in
due diversi fatti d'arma, che ancora oggi mi procurano fastidio,
permiate con i distintivi d'onore e con la croce al merito di
guerra. Parlo, invece, dell'opera compiuta fuori e superiore al
mio grado di tenente di allora e non in relazione all'opera
derivante dalla mia qualità di comandante di Sezione
Mitragliatrice.
Il 5 maggio 1916 ero con la mia Sezione allo sbarramento di
Valmorta, dietro un muricciolo, poiché i lavori di trinceramento
erano da poco incominciati su di un lato della linea. Sul cadere
della notte piovigginosa, ad un tratto - dopo un breve ma
violentissimo bombardamento - gli austriaci attaccavano in forza
e distruggevano la Compagnia del 162° Fanteria, dislocata più
avanti, a Milegrobe, e da cui io ero protetto. Rimanevo così
solo su una linea a qualche chilometro ad impedire agli austriaci
l'avanzata. Mi disponevo per l'estrema difesa, ordinavo qualche
scarica, gli austriaci si arrestavano, davo comunicazione del
fatto al comandante del Settore, chiedevo rinforzi. Giungevano,
ma poiché degli ufficiali sia della compagnia di Fanteria sia
delle due Sezioni mitragliatrici, erano meno anziani di me, il
valoroso colonnello Rossi Sig. Luigi pure del 162° Fanteria, che
già mi conosceva, affidava a me il comando di tutta la linea.
Preso le disposizioni che consigliavano il momento critico, mi
apprestai con tutta lena e con tutti i mezzi a mia disposizione a
porre a difesa e rafforzare convenientemente la linea. Gli
austriaci erano così definitivamente arrestati, ed il Sig.
Colonnello Rossi aveva - pel momento - vive parole di elogio per
la mia opera.
Si giungeva al pomeriggio del 21 maggio dello stesso anno 916.
Ero non più alle trincee di Valmorta, ma alle trincee di
Costesin, la posizione la più esposta e pericolosa e da sei
giorni sotto il più terribile dei bombardamenti, senza avere più
dormito ed avere male e scarsamente mangiato. La mia sezione più
volte aveva già gettato, nelle orde ubriache assalitrici,
sterminio e spavento, quando mi ritrovai con pochi uomini ed una
sola arma, per essere stato tutto il resto colpito e distrutto.
Gli austriaci si stringevano sempre più minacciosi e preparavano
nuovi assalti. Per mancanza di altri ufficiali, avvalendomi
dell'autorità acquistata sul campo, posi ai miei ordini una
compagnia del 203° Fanteria, di cui facevano parte due
giovanissimi sottotenenti, una squadra del 162° Fanteria, e
molti sbandati di reggimenti diversi - raccolti e trattenuti da
me stesso. Per respingere gli attacchi, per difendere ad
oltranza, quella posizione, la sola che eroicamente resisteva
ancora, uscivo con quella compagnia al contrattacco sotto una
grandine di proiettili in campo libero. Avevo molte perdite, ma
riuscivo a tenere inchiodato al suo posto, il nemico, divenuto più
feroce dinanzi a tanta resistenza. Erano quei soldati del 203°
Fanteria, della classe 1897, ed era la prima volta che si
trovavano al fuoco, ma la loro opera sotto il mio comando fu così
calma, ferma, precisa, risoluta e coraggiosa che mi riempì di
entusiasmo. Rammento di avere additato la loro condotta al prode
colonnello Rossi Sig. Luigi, allorquando commosso, mi venne a
baciare sulla linea di fuoco. Anche l'opera dei due ufficiali e
degli altri soldati non fu da meno, e rammento, per la condotta
particolarmente intrepida, di aver poco dopo compilata e
consegnata al medesimo Sig. Colonnello Rossi una proposta di
ricompensa al valore a favore del caporal maggiore Massola
Vincenzo, della 5. Compagnia del 161° Fanteria.
Tale resistenza insieme a quella del 1° Battaglione della
Guardia di Finanza che operava non molto lontano, fu molto nociva
agli austriaci, poiché le nostre truppe potevano ripiegare con
più agio e compatte su quelle posizioni contro le quali urtarono
e s'infransero gli audaci disegni e la rabbia austriaca.
La mattina del 22 maggio avevo ordine dal Sig. Generale Murari
della Corte Brà, di rientrare al mio battaglione. Ero in uno
stato pietoso: lacero, contuso, sanguinante, consumato dalle
lunghe sofferenze, dallo straordinario sforzo e dalla fame, ed in
preda ad una febbre accertata dal dottore del Battaglione,
tenente Ima Sig. Vincenco. Poiché al battaglione era stata
affidata la difesa delle trincee di Canove - Altopiano di Asiago
- punto importante e delicato, e poiché al battaglione mancavano
molti ufficiali caduti gravemente feriti, non volli ricoverarmi
all'ospedale né accettare riposo, ma portando ancora con me la
mitragliatrice rimasta illesa e i pochi uomini superstiti correvo
a chiedere e a prendere il comando di un Settore, più mi era ?
presso a poco la forza di una compagnia. Rimanemmo così in
condizioni le più difficili, resistendo all'incalzante numeroso
e rimbaldanzito nemico, per più giorni, ossia sino a quando non
si aveva ordine di ritirarci in una posizione più arretrata.
Questi sono i fatti più notevoli che non rientrano tra quelli da
cui ottenni la medaglia d'argento e che, per effetto della
Circolare del 1 aprile u.s. N. 196 del G.M., io sottopongo
all'esame delle competenti autorità, ai fini di ottenere la
promozione a Capitano per meriti di guerra. Debbo francamente
dichiarare che era nelle intenzioni di molti mandanti di allora a
propormi per una tale promozione, ma che per ragioni indipendenti
dalla loro volontà, così anche per il succedersi precipitoso
degli avvenimenti, non giunsero mai a formulare proposte concrete.
Potrebbe fornire informazioni sulla mia opera e sulla mia
condotta il Colonnello sig. Basso, allora comandante del 162°
Fanteria, ed il Tenente Colonnello - allora del medesimo
reggimento Rossi Sig. Luigi - che poi passò comandante del 224°
Fanteria (ignoro le loro residenze); il Tenente Colonnello De
Antoni Sig. Dario, ed i Maggiori Bellenghi sig. Palmiro e
Squadrani Sig. Luigi, comandanti comandanti successivamente del 1°
Battaglione della R. Guardia di Finanza.
Umberto Adamoli
Già tenente nel 1° Battaglione mobilitato dalla R. Guardia di
Finanza