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Nel popolo
[63] Ma era pur sempre il comune, genuina espressione del popolo, che,
come faro luminoso, splendeva nel centro della città; che
infondeva fiducia, coraggio, sicurezza; che aiutava a ritrovare
la via del porto, tra i marosi della tempesta. Quel comune, al
quale si rivolgevano, in tutte le ore, cittadini di ogni
condizione, funzionari di ogni ordine, per notizie, consigli,
incoraggiamento, conforto. Molto si voleva sapere dal comune,
anche su la situazione militare, su la direzione di marcia degli
alleati, nella loro avanzata; sui disegni dei Tedeschi, nella
loro resistenza e nella loro ritirata.
Il comune, con molta disinvoltura, dissipava apprensioni, fugava
timori.
La città appariva, quindi, ciò che destava molta meraviglia ai
forestieri che vi giungevano, tranquilla come nei tempi migliori.
Vi si vedevano, infatti, i caffè, le botteghe, il mercato con la
consueta chiassosa clientela; il corso, le piazze, i giardini, il
cinematografo, il teatro, in ogni ora gremiti del consueto
spensierato pubblico; i lavoratori, senza preoccupazioni, nella
loro ordinaria attività.
Ed il martello s'udiva, sin dal mattino, allegramente martellare,
nella officina nera del fabbro; s'udiva la sega e la pialla,
nella bottega del falegname. Aperte erano, e nel loro lavoro, le
botteghe del sarto e del calzolaio. Non mancavano, nell' alto
delle impalcature, i maestri della cazzuola, in quelle
costruzioni, che potevano essere, da un momento all' altro,
distrutte dai torvi vandali dell' aria.
E dai campi, percorsi dai pigri buoi, vittime spesso essi stessi
di mitragliamenti, saliva il canto del lavoro, della santa
fecondità.
[64] Il Podestà ne era lieto, soddisfatto, ed oggi dà atto, con
orgoglio, per i presenti e per i futuri, del fermo contegno e
della utile laboriosità, in momenti così tragici, dei suoi
bravi concittadini. Quei concittadini, che senza sciocche
spavalderie e senza avvilimenti, ma con molto buon senso, con
condotta seria e dignitosa, sapevano imporre ai Tedeschi molto
rispetto.
Qualche volta lo preoccupava, però, la troppa confidenza con il
pericolo, costituito, principalmente, dagli apparecchi, che,
giungendo minacciosi su la città, da un momento all' altro,
potevano seminare tra essi desolazione e morte.
Ragione d' orgoglio costituiva anche il contegno delle donne,
che, negli allarmi, anch' esse rimanevano serene al loro posto,
ovunque si trovassero: nelle abitazioni e negli uffici, nei campi
e nelle officine. Rimanevano al loro posto, anche quando, come
nell' Asilo e nella Casa della Madre e del Fanciullo, scoppi
fragorosi di bombe ne sconvolgevano il giardino, ne frantumavano
i vetri, ne lesionavano i muri.
Commuovevano ancora quelle madri che, all'apparire degli
aeroplani, correvano a raccogliere, a coprire con il loro corpo,
come le chiocce, i figli, che supponevano in pericolo, disposte
sempre ad offrire la propria vita, per salvare quella degli
stessi figli, se comunque minacciata.
Ma sapevano anche queste brave donne compiere altri forti atti.
Due soldati tedeschi, ad esempio, entravano un giorno,
avvinazzati, in una delle case di S. Nicolò al Tordino. Non vi
era, in quel momento, che una donna, contro la quale volevano
usare violenza.
Non si perdeva d'animo la coraggiosa popolana. Quando pareva ad
essa che i mezzi pacifici non erano più sufficienti ad
allontanare il pericolo, da cui si vedeva minacciata, brandiva
una scure e colpiva alla testa uno degli aggressori ponendo in
fuga l'altro.
[65] Il comando tedesco, che provvedeva a ritirare, in condizioni
gravi, il ferito, nessun provvedimento adottava contro la donna,
che aveva provveduto da sè a tutelare la propria persona, il
proprio onore.
Il popolo, che spiegava, in ogni ordine, tanta virilità, era
anche sensibile per le opere buone. Rispondeva, con generosa
larghezza, agli appelli ad esso rivolti, per i soccorsi da
prodigare ai naufraghi della vita, nobilmente gareggiando con i
ricchi, davvero prodighi in questa umanitaria manifestazione.
Le benedizioni che da ogni parte giungevano al Podestà, per i
sollievi arrecati alle umane sofferenze, si dovevano intendere
dirette a tutti questi benefattori, i cui nomi sono consacrati in
un elenco, conservato, per la storia, nell' archivio comunale.
Si dovevano intendere dirette a quelle tante popolane, che
unitamente ad una schiera di coraggiose e generose signore,
andavano, di contrada in contrada, di strada in strada, di casa
in casa, a raccogliere, per quei naufraghi, danaro, suppellettili
di ogni specie, biancheria, vestiti.
Ma tutti questi oggetti, prima della distribuzione, dalle stesse
brave raccoglitrici, erano ripuliti, disinfettati, rattoppati,
messi a nuovo.
Spesso quello stesso popolo, elevandosi ad un senso superiore di
sacrificio e d'umanità, metteva a disposizione di coloro che,
nello sfollamento, ne erano rimasti senza, persino la propria
casa, il proprio tugurio, il proprio letto.
Non mancavano, in questa opera buona, neppure i ragazzzi,
specialmente quelli delle scuole. Accompagnati dai propri
insegnanti, spesso dal prof. Sabatino De Patre e dalla
professoressa Maria Righetti, si presentavano di frequente nel
refettorio di Piazza Muzi, a mezzogiorno, per offrire agli
sfollati quanto in cibi di ogni qualità avevano raccolto,
andando anch'essi, con fanciullesco entusiasmo, di bottega in
bottega, di casa in casa, in santa questua.
Ma anche questo popolo non sfuggiva del tutto al comune contagio,
in una forma, però, così attenuata, da non toccare che in
minima parte la sua sanità.
Quando, di conseguenza, le passioni non turberanno più gli
animi, non potrà il sereno aedo non cantare, ancora una volta,
il canto che riconsacri, alle future generazioni, il valore di
questo vecchio forte popolo pretuziano.
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