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La notte delle beffe
[66] Un episodio tragicomico accadeva proprio in quel giorno in cui il
Fascio repubblicano teneva la sua ultima assemblea. Il
Commissario federale, prof. Morriconi, aveva appena concluso la
sua requisitoria, quando entrava nella sala, molto agitato, il
prefetto Ippoliti. Annunciava, provocando una certa commozione,
che i partigiani, rafforzati da elementi stranieri, avevano
iniziato la loro offensiva. A Castelli, già occupato in parte,
le poche Camicie nere si difendevano coraggiosamente. Non si
conosceva il numero degli attaccanti, ma dovevano essere
moltissimi. Non si escludevano tra essi paracadutisti, discesi
nella contrada con armi e munizioni. Giacevano già sul terreno,
rosso di sangue, feriti e morti, da entrambi le parti.
Dopo aver dimostrato per quella assemblea e per le sue
conclusioni la propria contrarietà, con i più fidi
collaboratori, partiva per la montagna.
La notte calava, intanto, umida sulla città, che tutto ignorava,
già divenuta, per effetto del coprifuoco, deserta nelle strade,
silenziosa nelle case. Nei locali della Federazione, ove i
gerarchi si erano, nel frattempo, raccolti, si elaborava, secondo
le istruzioni del Prefetto, un piano di difesa. Ma gli stessi
gerarchi dovevano, però, accertare che per tradurlo in atto,
mancavano uomini, armi, munizioni.
Molti scherzavano quando quel fatto avrebbe dovuto indurre, quei
rappresentanti di uno Stato che non più funzionava, alle più
amare considerazioni.
Soltanto a tarda ora riuscivano a far partire alcune pattuglie,
armate con fucili fuori uso, abbandonati in un fondaco dai
Tedeschi.
[67] La notte si svolgeva, intanto, monotona, senza novità. Ad una
certa ora, improvvisamente, si sapeva che le camicie nere a
Castelli erano state sopraffatte, che i partigiani marciavano
vittoriosi, in gran numero e bene armati, su Tossicia e su
Montorio. Del Prefetto, forse già vittima di qualche imprudenza,
nessuna notizia.
I velivoli alleati, nel frattempo, rumoreggiando bassissimi
sull'abitato, gettavano qua e là razzi luminosi. Lontano, dalla
parte del fronte, verso la marina, s' udiva fortemente il
cannone. s'udivano
oltre le colline, verso le valli, formidabili scoppi di bombe.
Dava tutto ciò a chi vegliava la sensazione di una notte di
battaglia, e faceva credere che qualche cosa di veramente
notevole stesse per accadere.
Ma la notte passava, senza che la vigilanza, alla periferia e
lungo le strade, fosse stata turbata.
Sul mezzogiorno, con il ritorno del Prefetto, si sapeva, e
suonava come solenne beffa, che Castelli non era stato mai
attaccato, che in nessun luogo vi erano stati feriti e morti, che
i partigiani non si erano mai sognati di uscire, per operazioni
belliche contro i propri fratelli, dai loro rifugi della
montagna.
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