Umberto Adamoli
Nel turbinio d'una tempesta
(dalle pagine del mio diario. 1943-1944)

Nel raccoglimento di un tempio

[92] Si celebrava in quei giorni, nel maggior tempio, intonato a cristiana semplicità, religiosamente austero, una messa di suffragio per i caduti della montagna. Altre messe, in altro non lontano tempo, con la stessa devozione, con la stessa solennità, erano state celebrate in quel tempio, per altri caduti.
Il quadro, velato di nero, si presentava quasi identico. Le autorità, in un lato, nel loro riservato raccoglimento; la parentela un pò più giù, vicino alle scale, in nera mestizia. Ovunque, nei suoi movimenti e nella sua curiosità, il popolo. Qualche rumore per la sistemazione delle rappresentanze e dei labari; qualche trambusto fra i ritardatari, nella occupazione dei posti.
Usciva, intanto, dopo il suono del campanello, con composta pompa, il sacerdote celebrante. Nel silenzio che ne seguiva, nei ceri che ardevano, nell'incenso che fumava, l'orchestra, con largo sostegno d'organo, iniziava la sua musica. Musica che con le sue agili fughe, con le sue larghe modulazioni, con i suoi melodiosi accenti, come tenui carezze, penetrava, avvolgeva l'attonito commosso animo. Animo che a poco a poco si elevava, saliva, quasi smarrito, nei cieli, vi vagava. Poi, a mano a mano, tornava in sè, ridiscendeva, tornava agli uomini, tornava alla volubilità della terrena vita.
S'invocava con quella musica, con quel canto che l'accompagnava, con il divino sacrificio di quella messa, pace per le anime di coloro, che si ritenevano caduti per una giusta causa. Per quella stessa causa giusta, per cui altri, su altra strada, erano pure caduti, ai quali, in quello stesso tempio, era stata dedicata la stessa solenne funzione.
Identiche le ragioni. Ciò nonostante, i fratelli, che discendevano da una stessa gente, che parlavano una stessa lingua, che credevano ad uno stesso Dio, che avevano per patria uno stesso territorio, per torve partigiane passioni, tra fratelli si odiavano, si perseguitavano, si uccidevano, si erano uccisi.
Quella musica, con le sue melodiose variazioni, tenui talvolta come sospiri, vibrate tal'altra come comando, pareva che invocasse, per chi sapesse intenderla, pace non soltanto per i morti, ma pace anche per i vivi.

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