(segue) Per la liquidazione del latifondo siciliano
(20 luglio 1939)
[Inizio scritto]

      «Per coloro che non possano o non vogliano procedere direttamente alla trasformazione, è prevista la costituzione di apposito istituto a fianco del Banco di Sicilia, sotto il controllo dell'organo preposto alla bonifica, opportunamente trasformando quello già esistente, il quale potrà sostituirsi ai privati nella trasformazione, restituendo poi ai proprietari, tutta o parte della terra trasformata in relazione alle loro possibilità finanziarie. «Per coloro, poi, che eventualmente non sentissero il superiore interesse sociale di compiere direttamente o a mezzo dell'Istituto la trasformazione, questo potrà procedere all'espropriazione.
      «Con tale piano da Voi voluto si infrange un ordinamento caratterizzato da rapporti precari fra la terra e gli uomini, accentrati in villaggi malsani e costretti a comporre la propria poverissima economia con i miseri redditi ricavati lavorando quote di latifondo disperse e lontane molti chilometri dalla propria dimora.
      «A questo ordinamento un altro se ne sostituisce, che stringe il rapporto fra la terra e l'uomo, che porta questi sulla sede del proprio lavoro dandogli gli elementi fondamentali della vita civile: la casa, l'acqua e la strada. «Il nuovo ordinamento fa perno specialmente sul potenziale lavoro di cui il rurale siciliano ha dato prove meravigliose nello stesso litorale siculo e in altre sponde bagnate dallo stesso mare, ma a beneficio di altri paesi. «Nel piano di colonizzazione è prevista quella gradualità nello spazio e nel tempo, per passare dal vecchio al nuovo ordinamento, che è necessario.
      «D'altra parte, il nuovo ordinamento consentirà un incremento notevolissimo di produzione importantissimo ai fini autarchici e quindi nuove possibilità di lavoro e darà alle masse rurali, col benessere materiale, la coscienza del nuovo Impero di Roma da Voi fondato.

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