La disfatta dei rivoltosi, condotti dal duca Carafa di Castelnuovo, s'iniziò proprio a Teramo. Giunto il duca sul Pennino restò meravigliato nel vedere brulicare d'armati il prato fuori porta reale e i bastioni della città. Si poteva pensare, in vista di quel movimento, a un nuovo miracolo di san Berardo".
"Quale miracolo" molti domandarono.
"Un grande miracolo, figli miei, raccontato a me, quando ero ragazzo, dai bisnonni"
"Perché non lo raccontate pure a noi?"
"Perché no? Qualche favola, come le ultime fatiche dei vecchi, vi dovevo pur raccontare in questa sera di neve e di tormenta".
"Per poter meglio comprendere le ragioni di questo miracolo è necessario, per un momento, risalire alla nostra storia.
Vi era in Italia, in quel periodo al quale il fatto si riferisce, tra imperatori, re, conti, papi e antipapi, la più grande confusione e si combattevano guerre sanguinose. Vi era tra i tanti il normanno re Ruggiero, che voleva a ogni costo rientrare in possesso delle terre che l'imperatore Rotario di Germania qualche tempo prima gli aveva tolto.
Inviò per tali ragioni negli Abruzzi, con un forte esercito, il nipote Roberto, conte di Loretello. Tutte le città, al suo apparire, gli si sottomisero. A Teramo trovò invece le porte sbarrate. Mandò di conseguenza entro la città un araldo a imporre la resa, ma i teramani rimasero sordi alle minacce e alle parole melate del conte e alle preghiere lagrimose del vescovo Guidone, successore, appunto, di san Berardo.
L'assedio, stretto da ogni parte, con tutte le dolorose conseguenze, durava da oltre tre mesi, senza deprimere gli assediati. Il conte, dinanzi allo scorrere inutile del tempo, ricorse a uno stratagemma, per aprirsi il varco. Nel mentre con un finto attacco fece accorrere i difensori verso la parte occidentale, con altre truppe si lanciò sui bastioni orientali. Pagò l'audacia con mucchi di cadaveri, ma entrò.
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