Umberto Adamoli
FAMIGLIE STRINA-ADAMOLI. DA COMO AD AQUILA


Pagina 20
1-5- 10-15- 20-25- 30-35

[Indice]

     "Nonostante un tale incubo politico e morale" come si legge in un altro scritto del tempo "che durò sino al 1860, egli, colla sua intemerata condotta, seppe riscuotere l'ammirazione ed il plauso dei suoi conterranei, e nell'esercizio professionale d'ingegnere, a cui si dedicò con capacità e probità esperimentata, si creò, mercé il proprio onorato lavoro, dopo le tante perdite, la nuova agiata condizione".
     Nel febbraio del 1853, nel decimo anno dalla partenza dalla sua Lombardia, l'Adamoli vedeva cadere ancora una volta un nuovo tentativo di riscossa nazionale. L'insurrezione, infatti, promossa dai repubblicani, con a capo Giuseppe Mazzini, a Milano, nella città sempre generosamente pronta a compiere disperati atti, era brutalmente spenta nel sangue ed in nuove dure condanne.

     Nondimeno le speranze, sostenute da una forte fede, non diminuivano, né s'affievolivano.
     Nel frattempo, il 22 settembre, il primo giorno di autunno, mite e dolce in quelle valli, giungeva ad ingrossare ancora la schiera dei piccoli, con molta gioia per i genitori, la graziosa Maria Cristina.
     Nel considerare il loro stato gli Adamoli capivano, però, che per un migliore loro avvenire e dei loro figli, dovevano uscire da quell'isolamento, tanto più che la persecuzione politica era stata rallentata nei loro confronti.

     Nella primavera del 1854, mentre a Parma lo squilibrato Carlo III cadeva sotto il pugnale dell'operaio Antonio Carrara, l'Adamoli, sollecitato anche da amici, tra cui un lombardo, si recava a Teramo, per esaminare sul posto un eventuale trasferimento nelle sue vicinanze. Pensava di aprirvi altra fonderia, in conseguenza di ciò s'incontrava con un tal Giandomenico Spinozzi, stabilendo, di comune accordo, che essa fonderia sarebbe sorta su un suo terreno, nel territorio di Rocciano, sul fiume Tordino, ove esisteva già un mulino.


[Pagina Precedente] - [Indice] - [Pagina Successiva]

Umberto