Luigi Barzini
Odissea. L'avventurosa fuga di un nostro aviatore dal campo nemico.


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     All'alba pioveva ancora e una nebbia folta scendeva dalle cime, Egli rimase rannicchiato sotto alla sua pietra. Per tutta la mattina imperversò la tempesta. Dopo mezzogiorno, rinvigorito dal riposo, egli riprese il cammino. Risaliva la valle verso il passo di Luknia.
     Spinto dalla fame, osò questa volta avvicinarsi ad una baita solitaria. Era deserta. Vi entro. Non c'era che un po' di paglia calpestata. Sul prato cercò dell'erba buona a mangiarsi. Svolse dei ciuffi di cicoria, li masticò, ma non poté inghiottirli. Si rimise in marcia lungo il bordo del bosco. Dopo qualche ora arrivo fino a lui un lontano suono di campanello di armento.
     Il fuggiasco pensò al latte. Pieno di speranza seguì il tintinnio. Ad una svolta della valle vide una baita grande, cinta da una staccionata. Si avvicinò guardingo. L'ingresso del recinto era tenuto chiuso da una grossa pietra posata all'esterno. Gli abitanti erano comunque fuori, per la montagna. Egli entrò sicuro. La campanella suonava vicina. Ma era al collo di un toro. La bestia guardava il visitatore con occhio pieno di placida sorpresa. L'uomo disperato, derubato di un sorso di vita, si precipitò verso la porta della baita. Era chiusa. Tentò di forzarla non riusci. Decise di entrare, si inerpicò alle sporgenze delle travi d'angolo per aprirsi una via dal tetto: non poté sorpassare la grondaia. Girando furiosamente intorno alla casa trovò una scala a pioli coricata lungo la parete, la rizzò, salì sul tetto, ne schiodò un asse con la forza della disperazione, si calò nel fienile, dal fienile saltò finalmente nella baita.