Se il senso dell'umorismo, come le altre qualità positive dell'uomo, non è un dono gratuito ma un oggetto di conquista e di crescita, la scuola deve, in misura e modi opportuni, uscire dalla sua indifferenza verso questa componente formativa e chiedersi se il riso possa trovare una qualche collocazione, in forma propriamente mirata, nei processi didattici della scuola.
L'umorismo in effetti non è deposito culturale dell'insegnante, non è una scienza posseduta; l'averne il gusto e saperlo produrre non è questione di tecnica ma di personalità. Solo chi abbia in sé incrementata questa attitudine può esserne maestro. L'educatore può "insegnare" umorismo sia fornendo occasionalmente esempi di buona qualità, sia dando rinforzi positivi alle produzioni umoristiche degli alunni. Finora la scuola ha riservato all'umorismo un ruolo prettamente ricreativo, collocandolo tra robuste parentesi per evitare deleterie combinazioni con i propri impegni culturali. Si tratta di scoprire la possibile valenza positiva di questa contaminazione accogliendo l'umorismo come una componente della didattica.
2.1 L'umorismo come forma di comunicazione
L'umorismo è una forma di comunicazione e certamente trasmette un messaggio. Ma poiché esso è una forma di comunicazione molto complessa, può trasmettere una infinità di messaggi.
Fare umorismo è, infatti, comunicare. La sensazione positiva suscitata nei ragazzi facendo dell'humour, scatena una reazione di simpatia e quindi di disponibilità nei confronti dell'insegnante e dell'ambiente circostante. L'umorismo quindi anche come valenza comunicativa ed affettiva, come fenomeno che va oltre l'azione reciproca di forze intrapsichiche. Purtroppo "la ricerca psico-analitica ha trascurato l'interdipendenza tra l'individuo e il suo ambiente ed è proprio a questo punto che diventa indispensabile il concetto di scambio di informazione, cioè di comunicazione" (38, p. 22) e quindi di umorismo.
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