Un altro elemento importante nell'utilizzazione dell'umorismo per facilitare l'apprendimento è il "dosaggio"; occorre evitare l'umorismo in quantità eccessive perché rischia di cambiare la relazione: gli allievi possono percepire la classe, nella quale passano molto tempo, come un posto dove si va soltanto a divertirsi; vi è quindi anche un rischio per l'insegnante che non sa "dosare" l'umorismo e lo usa in sovrabbondanza per cui le risate degli allievi possono essere percepite come segno d'ammirazione per lo spirito dell'insegnante, e questo può essere fuorviato dal proprio potere di seduzione: "Più ridono, più gli piaccio", e il riso degli allievi diventa così un fattore che rinforza il lato umoristico dell'insegnante.
Infine, occorre cercare di variare per quanto possibile le forme d'umorismo utilizzate; bisogna usare in modo intelligente l'umorismo, poiché ogni situazione pretende un tipo di umorismo.
Consideriamo per esempio lo stato di ansia negli alunni che devono affrontare un esame; la relazione fra tensione psicologica e riso è stata messa in evidenza per la prima volta da Spencer (36), che nei suoi Scritti sull'educazione pubblicati nel 1916, scriveva che uno stato di eccitazione nervosa tende a produrre un movimento muscolare; questa sinergia si scarica seguendo numerose strade; infatti il riso è una scarica d'energia che attraversa soprattutto i muscoli facciali.
Come abbiamo visto nel primo capitolo, anche Freud ha sottolineato il ruolo del riso come liberatore d'energia. Facendo riferimento a questi approcci teorici, possiamo formulare l'ipotesi che il riso può avere un ruolo di rilassamento della tensione in una situazione d'esame che, di per sé, è produttrice di tensione.
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