BARBARA - Ma qualche cosa già sapete.
MONTECCHI - Si, ma non nei particolari.
BARBARA - Io ritengo che certe azioni di guerra si debbano somigliare un po' tutte, quando sono sostenute dallo stesso spirito.
SANTUCCIO - Senza dubbio, quando si tratta di normali combattimenti.
BARBARA - E non era normale il nostro?
CINZIA - No, Barbara: non era normale, poiché provvedevano a difendere il colle, in meravigliosa gara, donne, adolescenti, vecchi, avendo come armi qualche archibugio e macigni. Il nemico faceva cadere invece, sul colle, dalla mattina alla sera, una pioggia di proiettili.
BARBARA - Questo è vero e alzammo la fatale bandiera quando, dopo venti giorni, non avevamo più munizioni, né macigni, né viveri, né acqua; avevamo invece morti da seppellire, feriti da curare, bambini da salvare.
MONTECCHI - Chi un giorno canterà degnamente le gloriosa vostre gesta?
SANTUCCIO - Agevole il canto. Poggio Umbricchio! Altare di fede, luce che risplenderà, nei fatti umani, come risplende, nel cammino eterno, la luce del sole, che dà calore e vita al giorno.
MONTECCHI - Né mai si oscurerà, nel tempo, la vostra fama. Mistica, la nostra donna, come anacoreta nel coltivare i santi affetti; terribile come leonessa nel difendere la propria casa. Donna pretuziana! Nostro orgoglio, nostro vanto, nostro onore.
(Melanconicamente) Ed ora, care donne, secondo i patti, dobbiamo partire, sparire da queste montagne. Sparire! Razza maledetta. Soltanto per voi, carissime, per la vostra liberazione dal carcere, abbiamo chinato la testa, abbassato le armi. Nel caso contrario il borioso Torrejon e i suoi satelliti avrebbero trovato in questa terra degna sepoltura. Ma l'ultima parola non è stata ancora detta. Per ora andremo, come vi andarono gli altri, alla difesa di Venezia... poi... poi vedremo.
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