Francesco, sì, accusa la pubblicità, i giornali d'averlo spinto al male. Paolo (trentacinquenne, indicato come anziano, non è un po' esagerato?) fa dello spirito amaro sulla criminalità, che esercita una funzione sociale, mobilitando al suo servizio avvocati, magistrati, costruttori, agenti di custodia ecc.: sono enunciate teorie non già denunciati caratteri.
Si ha l'impressione che in ogni detenuto abbia parlato una voce diretta del modo di pensare dell'autore; onde ci troviamo ad ascoltare un dialogare statico, compensato tuttavia dalla sua pensosità e dall'interesse che può suscitare il richiamo a certi attuali problemi.
Inoltre un atto unico non ha le esigenze dei tre o dei quattro. Ferma nel dialogo un momento, pochi attimi. Na buona recitazione della "Voce delle carceri", staccata da personaggio a personaggio, ne staccherà allo stesso tempo i caratteri, rafforzandoli.
E se proprio dalle carceri viene una voce di umana e cosciente dolore, può essere confortante udirla a teatro. E' un merito che va messo all'attivo dell'atto unico di Umberto Adamoli.
IL RELATORE
Carmen Scano
PERSONAGGI
(vestiti da detenuti e da agenti carcerari)
CARLO SPIRELLI giovane detenuto
FRANCESCO OLMI idem
MICHELE SUDAS idem
PAOLO CAFARRO anziano detenuto
GIOVANNI RODITI vecchio detenuto
PIETRO SILVANI agente di custodia
In una delle tante carceri d'Italia - Ai nostri tempi.
ATTO UNICO
In una delle tante carceri, in un cortile dove i detenuti prendono aria. Nel muro di destra del cortile si vede una finestra dell'abitazione del Direttore, con inferriata. Due detenuti, sui vent'anni, d'aspetto civile, parlano con melanconico accento.
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