(segue) Sonnino avanti lettera
(16 marzo 1915)
[Inizio scritto]
Sostituite i nomi e gli uomini:
a Depretis Giolitti
a Mancini Sonnino
e avrete il quadro della
situazione odierna. Con questa differenza: che nel 1883 i primi
giocatori d'Europa non erano muniti che del fioretto diplomatico
mentre l'on. Sonnino se li trova dinanzi armati e combattenti. Il
gioco è più difficile
ma si segue la stessa regola.
Chi potrebbe asseverare con tranquilla coscienza che la politica
estera attuale non sia fatta come nel 1883 a base di equilibrio e di
ripieghi? Quella del marchese di San Giuliano è stata una
frase e nulla più. I tempi della «politica remissiva»
non sono finiti; tutt'altro
e l'on. Sonnino li continua. La losca e
criminosa faccenda dei fucili tedeschi è dunque andata negli
archivi del «contenzioso diplomatico»?
Ma ecco un altro brano eloquente
del Sonnino «avanti lettera»: «E l'Italia? Riassume
tutta la sua arte di stato nel motto: inertia sapientia
proclama ai
quattro venti grandi e virili propositi (come fa oggi!) e si ritrae
per pochezza di animo quando altri la prende sul serio
e le stende
la mano invitandola a tradurre le parole in azione: protesta
ingrossa la voce
ma senza volontà di operare.» Non
sembra questo l'atto d'accusa del Sonnino del 1883 contro il Sonnino
del 1915?
V'è di meglio. Udite:
«... Ciascuno di questi diffida di noi e delle nostre
intenzioni e
non riuscendo a scorgere nettamente quale sia la meta
che abbiamo prefissa ai nostri desideri
alle nostre ambizioni e
quindi alla nostra politica
sospetta che cospiriamo a danno di lui
che aspettiamo i momenti difficili per fargli il ricatto col ferro
alla gola...» Ecco l'infame parola che ricorre così di
frequente nelle discussioni di questi giorni. Il ricatto! La politica
estera dell'Italia attuale premedita il ricatto sotto la veste delle
«negoziazioni» diplomatiche... Concludeva il Sonnino: «È
tempo ormai di por fine a questa seconda maniera della politica
estera del Regno d'Italia; a questa politica inavveduta e soprattutto
inconseguente
perché vanagloriosa e pusillanime
che non è
politica di raccoglimento
ma verbosa impotenza
che si crede operosa
perché è faccendiera...».
(segue...)
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