(segue) La via d'uscita
(30 marzo 1915)
[Inizio scritto]
La guerra è un male —
dicono i socialisti; ma se la guerra italiana contribuisce a finire
la guerra europea
se il sacrificio — supponiamo — di
centomila italiani giova a risparmiare milioni di altri uomini
è
antisocialistico
antinternazionalistico
antiumano opporsi
all'intervento dell'Italia. L'on. Turati poteva — due mesi fa —
mettere ancora in dubbio la possibilità che l'azione bellica
dell'Italia segnasse la fine dello spaventevole massacro europeo. Ma
oggi — con la resa di Przemysl e con la situazione economica
disperata della Germania — è positivo e non ipotetico
credere che il milione di soldati italiani — anche senza
l'aiuto dei balcanici — farebbe traboccare il piatto della
bilancia. Io penso che gli stessi soldati tedeschi e austriaci
stanchi ed esauriti da otto mesi di battaglia
auspichino — in
cuor loro — l'intervento di un «terzo» che ponga un
termine alla guerra. Questo «terzo» dev'essere l'Italia.
Le ragioni di umanità
rendono ormai dubitoso e immobile il socialismo italiano; vi sono
altre ragioni che devono convincere il governo che la guerra
immediata rappresenta la salvezza d'Italia. A quest'ora l'azione
diplomatica doveva già essere esaurita o quasi
e nella sua
forma positiva di accordi con la triplice intesa e in quella negativa
di denuncia della triplice alleanza. A che punto ci troviamo? Nessuno
— all'infuori degli on. Sonnino e Salandra — può
rispondere a questo interrogativo. Ad ogni modo è certo che la
neutralità — perdurante e illimitata — comincia ad
essere
oltre a un regime in sommo grado demoralizzante
una pessima
speculazione. L'atteggiamento di certi circoli russi è
ammonitore. È grave che si discuta a Pietrogrado — sia
pure da organi secondari dell'opinione pubblica — sulla
legittimità assoluta del possesso di Trieste da parte degli
italiani. Può darsi che si tratti di una manovra per
intimorire e premere sugli italiani
onde si decidano all'intervento;
può darsi che si tratti di una rivolta del «senso
morale» provocata dalla neutralità italiana che deve
sembrare ai russi — come agli altri popoli d'Europa —
troppo egoistica ed usuraia; può darsi che si tratti anche di
una «tesi politica» del panslavismo. Comunque
ad ogni
giorno che passa
crescono le pretese legittime e illegittime di
coloro che hanno combattuto. Pretese a danno dei vinti e a danno dei
neutrali. Il destino dei neutri è segnato e può essere
peggiore di quello dei vinti. Tutto ciò dovrebbe apparire
chiaro agli occhi dei governanti d'Italia. Se l'intervento italiano
fosse già avvenuto
esso avrebbe reso impossibile anche la
sola discussione accademica
nei fogli russi
del problema di Trieste
che dev'essere e sarà italiana contro gli slavi. Una attesa
indeterminata può farci correre due pericoli gravissimi:
quello di svalutare il nostro intervento
o — peggio —
quello di costringere alla neutralità.
(segue...)
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